Economia

63, il numero chiave per la pensione: ecco perché

In vista della prossima legge di bilancio il governo pensa ad una nuova riforma delle pensioni

63, il numero chiave per la pensione: ecco perché

La “via di mezzo” che potrebbe mettere tutti d'accordo, a partire da sindacati e Lega; con la scadenza di Quota 100 prevista per fine dicembre il governo sarebbe al lavoro - anche se il presidente del Consiglio non la inserisce tra le priorità - su una sintesi che riesca a superare l'empasse sulla riforma sui requisiti di età e contributi per andare in pensione.

E così è iniziata la fase concertazione, con le varie compagini del governo e le parti sociali che metteranno sul tavolo la propria ipotesi a partire da Quota 41, l'uscita a 63 anni-64 anni (ma solo con il regime contributivo) ed una sorta di Quota 100 rivista, che prevedrebbe 64 anni di età e 36 anni di contributi.

Tutte ipotesi al vaglio dei tecnici del ministero dell’Economia che al momento si mantiene cauto ma che a breve vedrà il pressing della Lega di Matteo Salvini che spinge per portare avanti un nuovo risultato fondamentale per il suo partito; inoltre anche il Movimento 5 Stelle alla fine potrebbe allinearsi con gli ex alleati del primo governo Conte, che non possono far altro che supportare una legge che eviti il ritorno alla riforma "Fornero" ( 67 anni per l’accesso alla pensione) da loro a lungo aspramente contestata.

Il tempo stringe, considerando che è iniziato il countdown in vista della prossima legge di bilancio di ottobre; così la contrattazione tra le parti - con il Mef che si mantiente cauto e la lega, con l'appoggio anche dei sindacati, che spingono - diventerà sempre più serrata.

Da via XX settembre, al momento la preferenza sarebbe una riforma che apra una finestra di uscita a 64 anni con almeno 20 anni di contributi (sistema già previsto per i soggetti che andranno in pensione interamente con il sistema contributivo), ma anche per un sistema di pensionamento a 62-63 anni e il vincolo dei 41 anni di contributi. Quest’ultima ipotesi, però, non troverebbe la disponibilità di sindacati e parti sociali che, per di più, non sono disposti a cedere neanche sulla proroga ed estensione dell'Ape e guardano di buon occhio un nuovo sistema di uscita verso la pensione più simile a Quota 100 che al precedente sistema di messa in quiescenza.

Sulla stessa posizione si colloca anche l'area sociale del Pd, con l'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano e l'attuale ministro Orlando che vedrebbero di buon'occhio queste ipotesi.

Il problema resta la copertura finanziaria che con Quota 100 non si "sposava" perfettamente; inoltre il 38+62 non piace a livello internazionale, con l'Ocse che, come scritto in un precedente articolo de IlGiornale.It, avrebbe caldamente sconsigliato all’Italia di rinnovare Quota 100 e Opzione Donna preferendo, invece, il ripristino del sistema Fornero puro.

Il Carroccio, però, insiste e afferma che la proroga costerebbe solo 400 milioni il primo anno; alla fine anche da via Bellerio potrebbe uscire l'ipotesi di un Quota 41 (qualsiasi età anagrafica e 41 anni di contributi) ma che comunque non troverebbe i tecnici del ministero dell'Economia favorevoli .

Alla fine la sintesi starà nel mezzo, ed i conti portano al numero fa 63: almeno 35 anni di contributi (che poi diventeranno 36) e 63 anni di età con una penalizzazione del 2-3% l'anno (ipotesi formulata nel 2013 da Cesare Damiano, Luisa Gnecchi e Pier Paolo Baretta).

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