Economia

Fiat, torna il giallo del trasloco in Usa

Nuove voci sull’addio a Torino per Detroit, ma il gruppo precisa: "Argomento non all’ordine del giorno"

L'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne
L'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne

C'è fermento sulla galassia Fiat. E se non è la Borsa a far puntare i riflettori sul Lingotto (ieri il titolo ha fatto un passettino dello 0,37%, nulla rispetto all'exploit del giorno precedente: +7,63%) sono alcune indiscrezioni, rimbalzate dagli Stati Uniti, a riportare in auge il tormentone «numero uno»: quello del possibile spostamento della sede del gruppo da Torino a Detroit.
L'agenzia Bloomberg, citando fonti informate, ha rilanciato l'ipotesi secondo cui l'amministratore delegato Sergio Marchionne, in questi giorni nel suo ufficio dall'altra parte dell'Atlantico, ad Auburn Hills, starebbe valutando il trasferimento del quartier generale dell'azienda da Torino negli Stati Uniti, una volta completata la fusione con Chrysler.

Pronta e secca la precisazione del Lingotto: «L'informazione, tutt'altro che nuova, è stata pubblicata stamattina (ieri, ndr) da alcuni quotidiani italiani e ripresa oggi pomeriggio (ieri, ndr) dalle agenzie di stampa, e da numerosi siti Internet. In realtà, si tratta di una non notizia, in quanto la stessa Bloomberg ha sottolineato che “nessuna decisione è stata presa e che altre opzioni sono in corso di esame”. Questo argomento - prosegue la nota - più volte trattato nell'ultimo anno dai media di tutto il mondo, non è all'ordine del giorno, come recentemente ha ricordato Sergio Marchionne».

Tanto è comunque bastato per servire, alla Fiom di Maurizio Landini, un ottimo assist per innescare una nuova polemica: «Le notizie diffuse da Bloomberg - il commento di Michele De Palma, coordinatore nazionale Fiom-Cgil per il gruppo Fiat - confermano un dato oggettivo: il Lingotto si sta delocalizzando. E questa delocalizzazione riguarda il management, la ricerca e sviluppo, le produzioni e la quotazione delle società». Da qui la richiesta al governo di convocare urgentemente un tavolo «allo scopo di affrontare la crisi che sta coinvolgendo tutto il mondo automotive, a partire da Fiat, perché, se non ci saranno interventi, nel giro di poco tempo si determineranno decine di migliaia di esuberi».

Reazioni anche dalle altre organizzazioni sindacali. Per Giovanni Centrella, leader di Ugl, «Sergio Marchionne probabilmente sta valutando da anni, non in questi giorni, la possibilità di trasferire la sede Fiat da Torino agli Usa, ed è anche per evitare questo se dal 2010 abbiamo fatto degli accordi per migliorare la produttività. Fondamentale - aggiunge Centrella - è che in Italia restino almeno le braccia, cioè gli stabilimenti e quindi i lavoratori. A questo punto - è l'invito che il sindacalista rivolge al governo - bisogna trovare il modo di rendere nuovamente appetibile, da un punto di vista industriale, questo Paese, non abbassando i diritti, ma creando nuove infrastrutture e alleggerendo il fisco».

A Detroit, intanto, Marchionne continua a trattare con il fondo Veba per completare la scalata a Chrysler.

E proprio questi negoziati, che vertono sul progetto di fusione tra i due gruppi, mettono in fibrillazione - un giorno sì e l'altro pure - il mercato borsistico.

Commenti