Alitalia va verso Delta-Easyjet. Anche lo Stato sarà azionista

Ok del governo all'impegno del Tesoro, pronte le Fs Ma sarà boomerang per rischi antitrust e no sinergie

Alitalia va verso Delta-Easyjet. Anche lo Stato sarà azionista

Il tandem Delta Airlines-Easyjet si prepara a entrare in Alitalia con una partecipazione complessiva fino al 40%. Ma questo potrebbe rivelarsi un pericoloso boomerang per le Ferrovie dello Stato, socio di maggioranza della newco in via di costituzione per far uscire la compagnia aerea italiana dal commissariamento, con il supporto del governo.

Ieri, in serata, una nota di Palazzo Chigi ha dato il via libera alla possibilità di «partecipare, con il Mef, alla costituzione della Nuova Alitalia a condizione della sostenibilità del piano industriale e in conformità con la normativa europea». A chiudere il cerchio, il cda delle Ferrovie che si è riunito per formalizzare l'operazione con il vettore low cost e la compagnia americana.

Che non fosse un periodo felice per le infrastrutture italiane lo si era capito dalla bagarre scoppiata sulla necessità di realizzare la Tav Torino-Lione, ma la soluzione che si profila per Alitalia, lascia più di un dubbio: «Non solo regala l'ex compagnia di bandiera, e il suo mercato, a due compagnie aeree straniere senza un motivo, ma rischia di danneggiare fortemente un soggetto strategico come le Fs», commenta a il Giornale Andrea Giuricin, economista esperto di Trasporti. Più di una possibilità all'orizzonte e che potrebbe essere dettagliata già oggi con il vertice in programma al Mise con i sindacati. A mancare è il senso industriale, e a preoccupare, l'impatto che questa operazione avrà su un soggetto «sano» come le Ferrovie: il 2017, per il gruppo guidato da Gianfranco Battisti, si è chiuso con ricavi per 9,3 miliardi (+9%) e un utile netto di 552 milioni. Ma quali sono i rischi?

Le Fs hanno rinviato la presentazione del piano industriale, attesa tra gennaio e febbraio, mettendo di fatto in stand-by la propria strategia di sviluppo. Inoltre, portando a bordo della newco due soggetti come Delta e Easyjet, appare chiaro che toccherà a Fs (socio di maggioranza) iniettare la maggior parte delle risorse, seppur con il supporto del Mef. «Considerando che Alitalia brucia mezzo miliardo l'anno spiega Giuricin per ripartire con qualche chance servono almeno 2 miliardi». E non saranno certo i due soci di minoranza, seppure industriali, a fare la parte del leone di un rilancio molto difficile: Alitalia taglierà 600/700 voli a marzo per mancanza di passeggeri con l'obiettivo di tenere sotto controllo i costi.

Non solo. «Le Fs avranno la maggioranza, ma saranno catapultate in un business molto complesso per il quale non hanno le competenze lasciando, di fatto, il timone ai vettori». Ma uno dei rischi più grandi è che su alcune tratte ferroviarie dove Fs e Alitalia sono molto forti (la Milano-Roma come la Torino-Milano) l'Antitrust configuri una posizione dominante, obbligando le Fs a cedere ai propri concorrenti (Italo o nuovi entranti) slot ferroviari su queste tratte. Uno smacco per le Fs che hanno fatto del business dell'alta velocità un fiore all'occhiello. I sostenitori di una soluzione che passi dalle Fs hanno sempre chiamato in causa la strategicità di una integrazione treno-aereo. «Questa via però è un'utopia spiega Giuricin ricordando che mancano le infrastrutture di base.

L'alta velocità, in nessun caso, passa direttamente dagli aeroporti, dunque, l'integrazione sarebbe lunghissima e dispendiosa. In Europa non esiste nessun caso analogo, ma una serie di accordi commerciali (non finanziari), come per altro si è già fatto in Italia con il biglietto unico Emirates-Trenitalia».

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