Salini Impregilo nelle vesti di cavaliere bianco di Astaldi risolleva le sorti in Borsa del gruppo finito in default tecnico: +29,6% a 0,55 euro. Una rimbalzo comprensibile, dopo i tonfi dei giorni precedenti, poiché una soluzione di questa portata rappresenterebbe la salvezza per Astaldi.
Ma quale sarebbe il senso per Salini? In apparenza ci sono due grandi ostacoli a queste nozze: il fatto che Astaldi lavori molto in Italia, mentre Salini ha ridotto consapevolmente il peso delle commesse nel Belpaese al 7% dei ricavi totali; e il fatto che Astaldi abbia una parte di business dedicata alle concessioni. Settore, che Pietro Salini ha scelto di abbandonare facendone un punto chiave della strategia di cambiamento in occasione dello scontro col gruppo Gavio, che lo portò al ribaltone della compagine azionaria e alla conquista del gruppo.
In realtà, si tratta di due ostacoli «aggirabili» e il fatto che Salini abbia espresso la volontà di prendere in mano il dossier risiederebbe nella possibilità di avere comunque un tornaconto: tutelando i progetti in comune e favorendo un vasto gruppo di banche che dal fallimento di Astaldi avrebbero molto da perdere. Anche per questo ieri l'ad di Intesa Carlo Messina si è detto «favorevole all'operazione» tra le due società, vedendo Ca de' Sass nel ruolo di finanziatore e non di socio.
Secondo indiscrezioni raccolte da il Giornale, chi ha in mano il dossier starebbe studiando la possibilità di «spezzatino» delle attività e del business di Astaldi. In casa Salini potrebbero, infatti, confluire tutti gli asset legati alle costruzioni - core business di Salini - che sul fronte italiano sono quasi tutti già in comunione.
Quanto alle concessioni, finirebbero nella parte da «scorporare» tranne quelle per le quali la stessa Salini potrà trovare una soluzione conveniente (acquirente) e monetizzare. Gli advisor sarebbero al lavoro per mettere a punto un piano che non danneggi il cavaliere bianco. Anche sotto il profilo del debito. «Le banche - spiega una fonte - dovranno rinunciare a una parte dei loro crediti perché ovviamente sarebbe impensabile per Salini farsene carico alla luce anche di un esposizione personale che, a fine giugno, era di 1,1 miliardi». Gli analisti di Mediobanca ricordano che Astaldi «dovrebbe avere un portafoglio ordini di circa 10 miliardi, con l'Italia che conta circa il 40%. Un interesse in questi progetti «sarebbe quindi positivo sentenziano , ma un interesse per l'intera Astaldi potrebbe invece mettere in tensione il bilancio di Salini».
Il percorso di un'eventuale merger si profila comunque tortuoso: nella domanda di concordato con riserva Astaldi ha chiesto 120 giorni per produrre la proposta concordataria.
Come nel 2006, quando alla guida dell'allora Impregilo c'erano Romiti e Benetton, tutto potrebbe finire in una bolla di sapone. Intanto Salini ha annunciato un intesa per l'alta velocità in Texas e una commessa, da 253 milioni di dollari, vinta in Florida da Lane, sussidiaria del gruppo.
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