Atlantia chiude la porta ad Alitalia

Castellucci: «Troppi fronti aperti, non possiamo impegnarci». Giallo sulla proroga

Atlantia chiude la porta ad Alitalia

Ci si aspettava che ieri fosse fissato un nuovo termine per la presentazione delle offerte vincolanti per Alitalia, come richiesto dalla capocordata Ferrovie dello Stato. Ma né i commissari né il governo hanno preso decisioni, così che questa farsa-pasticcio di Alitalia si arricchisce di un nuovo elemento: la proroga avviata di fatto ma (per ora) senza scadenza. La situazione si aggrava con questa non-decisione, che mette in luce uno scenario di confusione.

Atlantia, dal canto suo, ribadisce di non essere interessata. Ieri l'ad Giovanni Castellucci è tornato sull'argomento mantenendo la linea dettata in assemblea: «Abbiamo così tanti fronti aperti che non possiamo impegnarci su Alitalia che è un fronte complesso». Ha scisso il futuro della compagnia («ci auguriamo che possa trovare un suo assetto definitivo») da quello della controllata Aeroporti di Roma («ha un appeal a livello globale che non è determinato dalle vicende di Alitalia»), e ha sottolineato: «È un tema delicato». Possibilista invece era stato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti: «Atlantia, in quanto concessionario autostradale, secondo me non dovrebbe entrare in Alitalia, ma come proprietaria di Aeroporti di Roma ha un interesse concreto di tipo industriale».

È lecito chiedersi se il no di Castellucci a un coinvolgimento in Alitalia vada considerato definitivo, ma si tratta di una partita a scacchi in cui tutto è possibile. I soggetti Atlantia e il governo nella componente M5S sono energicamente contrapposti. Ma non dovrebbe stupire se le reciproche diplomazie fossero al lavoro. La posta in gioco è troppo alta: per il gruppo controllato dalla famiglia Benetton si tratta di riportare i rapporti istituzionali alla metà di agosto, prima della tragedia di Genova, e di ricomporre una vicenda che sembra sfuggita di mano. Quei 300 milioni ipotizzati per il 40% del capitale possono essere interpretati, con un po' di cinismo, come una penale per sistemare contenziosi e concessioni.

Al governo l'arrivo di Atlantia come salvatore in extremis di Alitalia permetterebbe di sfoggiare una soluzione italiana, pubblico-privata, forte di un socio industriale capace, presentabile e molto liquido; un socio che peserebbe sulla governance e che potrebbe impegnarsi seriamente nel risanamento e nello sviluppo industriale. «Sono giorni di trattative e Fs e i commissari stanno valutando le offerte che stanno arrivando», ha intanto ripetuto anche ieri il ministro dello Sviluppo Luigi Di Maio alla trasmissione Otto e mezzo su La7 ricordando che nel nuovo azionariato di Alitalia «ci sono le Fs, c'è Delta e ci sarà il Mef» e per completare la cordata manca «un 15%».

Il fatto che la proroga sia stata imboccata di fatto, ma senza una data di scadenza conferma quanto contrastanti siano gli interessi in gioco: le Fs hanno bisogno di altro tempo per completare la cordata mentre i commissari che in due anni non sono riusciti a trovare un acquirente hanno fretta perché i soldi in cassa

si stanno esaurendo e non vogliono imboccare la strada del tribunale con i libri sottobraccio.

Sullo sfondo, ingombranti, le elezioni europee e l'interesse di Lufthansa o di altri vettori a un'Alitalia fallita o dimezzata.

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