Rendono poco. Anzi, nulla. Eppure, a ogni asta, il Tesoro non sbaglia un colpo: i Bot a un anno restano un evergreen gettonatissimo, un'attrazione irresistibile come il canto di una sirena. Per rendersene conto basta dare un'occhiata a quello che gli esperti chiamano bid to cover, cioè il rapporto tra domanda e offerta. Ieri, per esempio, è stato di 1,7, con le richieste che hanno superato gli 11 miliardi di euro a fronte dei 6,5 miliardi collocati da via XX Settembre. Chi è riuscito a mettere le mani su uno dei Buoni, ha portato a casa un misero 0,495% di rendimento.
Non si tratta solo dell'ennesimo minimo storico, ma anche di un tasso di interesse praticamente dimezzato rispetto ad appena un anno fa. Soprattutto, depurato dall'inflazione e dalle spese e commissioni bancarie, si tratta di un tasso negativo. I piccoli risparmiatori, infatti, girano al largo. C'è invece la mano dei grandi investitori dietro l'irrisoria facilità con cui vengono piazzate le emissioni annuali. Loro hanno logiche diverse, anche se rendimenti sempre più risicati potrebbero consigliare lo spostamento di una parte dei capitali sui mercati azionari. Inoltre, ora che la Bce ha deciso di stabilire un pedaggio per la liquidità parcheggiata nei suoi caveau, le banche potrebbero essere indotte a canalizzare parte di questo cash verso bond sovrani a breve termine, come appunto quelli a 12 mesi. Con ciò, tuttavia, contravvenendo all'espressa volontà di Mario Draghi di liberare queste risorse a favore dell'economia reale.
L'ex governatore di Bankitalia è in massima parte l'artefice dello schiacciamento dei rendimenti. Un appiattimento a largo spettro, su tutte le scadenze, tipo quegli antibiotici capaci di curare tanto una bronchite quanto un ascesso. A livello mondiale, peraltro, Draghi è in buona compagnia. Certo non è un caso se i tassi dei bond a 10 anni di Italia, Spagna, Usa, Gran Bretagna e Norvegia galleggiano tutti attorno al 2,50%. Un'omogeneizzazione generale che è il prodotto delle stesse politiche monetarie distensive praticate dalle banche centrali, seppur modulate sulle esigenze delle singole aree. Per i Paesi molto indebitati come l'Italia, è un'autentica manna in termini di minore spesa per interessi. Lo è molto meno, invece, per i risparmiatori. Le misure adottate da Draghi hanno infatti provocato le reazioni risentite dei tedeschi, con l'accusa rivolta al capo della Bce di voler espropriare i risparmiatori. La sola a essere rimasta fuori dalla mischia delle polemiche è stata Angela Merkel. La cancelliera ha avuto ieri un incontro a Berlino proprio con Draghi, e al termine del meeting a chi le chiedeva se condivide ciò che ha fatto l'istituto di Francoforte ha risposto che «possiamo vedere dalle ultime mosse della Bce che non abbiamo completamente superato la crisi finanziaria europea. È importante che continui il cammino dei Paesi europei verso le riforme».
Se l'eurozona soffre di una ripresa fiacca complicata dai rischi di deflazione e dalla forza dell'euro, più in generale è l'economia globale a mostrare qualche affanno. La Banca mondiale ha tagliato le stime per il 2014, con l'inverno freddo degli Stati Uniti (costato un -1% al Pil nel primo trimestre) e la crisi in Ucraina che hanno pesato nella prima metà dell'anno. L'istituto stima che la ricchezza mondiale crescerà quest'anno del 2,8%, meno del 3,2% previsto in gennaio, e grazie soprattutto ai Paesi emergenti. La crescita americana è stata tagliata a +2,1% dal +2,8% precedentemente previsto. Per l'anno prossimo, è stata mantenuta una previsione di sviluppo del 3,4%.
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