Le banche in fuga dai depositi Bce

Scappano. Via dai caveau Bce, non più comoda cassaforte per custodire la liquidità in eccesso. Da quando, la scorsa settimana, Mario Draghi ha deciso di portare sottozero la remunerazione sui depositi parcheggiati presso l'Eurotower, le banche non hanno perso tempo: con perfetta sincronia, si sono precipitate a ritirare il cash. Dopo il calo di 25 miliardi di euro mercoledì scorso, nei forzieri della Banca centrale sono rimasti appena 13,6 miliardi. È la cifra più bassa dal 2011, segno di un esodo completato in appena una settimana: il 5 giugno, giorno della riunione Bce, risultavano ancora depositati 125 miliardi. Ma già a partire da maggio, cioè da quando l'ex governatore di Bankitalia era stato piuttosto esplicito sull'ipotesi di rendere oneroso il «posteggio», gli istituti aveva cominciato a intaccare il tesoretto di 376 miliardi. Certo una somma nettamente inferiore agli 850 miliardi del maggio 2012, il picco di una crisi che aveva reso gli istituti talmente prudenti da non prestarsi neppure più i soldi reciprocamente.
Missione quindi compiuta? La liquidità finora stagnante, così come nelle intenzioni di Draghi, torna a essere canalizzata verso l'economia reale per ridare colore a una ripresa - si legge nell'ultimo Bollettino mensile della Bce - «più lenta del previsto», a fronte di una disoccupazione troppo elevata? Forse sì, forse no. Dipenderà dalle decisioni che prenderanno le banche del Nord (su tutte, le tedesche) e le francesi. Ovvero, quelle che tenevano immobilizzate queste risorse per un surplus di liquidità, un fenomeno opposto rispetto alla fame di denaro fresco di molti istituti del Club Med. Se, per esempio, una banca finlandese o lussemburghese tornerà a prestare soldi a una italiana, greca o spagnola, il corto circuito esistente a livello di impieghi verrà, almeno in parte, risolto. Così, potrebbe essere anche compensato il vuoto sul versante dei mutui che verrà creato dal tLtro, che esclude i prestiti immobiliari.
Se prevarrà la diffidenza, è probabile che con tali fondi si farà shopping di titoli di Stato a breve termine. Un precedente in questo senso già c'è. La Danimarca ha messo fine, lo scorso aprile, all'esperienza - fallimentare - dei tassi negativi sui depositi avviata nel luglio 2012. Dovesse finire allo stesso modo anche nell'Eurozona (e ieri si sono visti sono forti acquisti sui bond tedeschi), è verosimile aspettarsi un restringimento della curva di rendimenti che, peraltro, continuano a puntare verso il basso. Mercoledì i Bot a tre mesi erano stati collocati allo 0,495%, mentre ieri il Tesoro ha fatto il pieno vendendo 8,5 miliardi di Btp, con un rendimento sui triennali (3,5 miliardi assegnati) al minimo storico dello 0,89%, dall'1,07% di aprile. L'eventuale mancato invio all'economia reale delle somme ritirate dalla Bce potrebbe causare anche un altro effetto collaterale. L'inflazione, infatti, non riceverebbe nessuna spinta, e i rischi di deflazione resterebbero immutati.
Intanto Francoforte sprona l'Italia a proseguire gli sforzi di riduzione del deficit per «assicurare sufficienti progressi» verso l'obiettivo di medio termine.

Anche perché Roma ha «rinviato il conseguimento dell'obiettivo di bilancio di medio termine dal 2014 al 2016» e «nel 2014 l'intervento strutturale pianificato è inferiore ai requisiti stabiliti dal meccanismo preventivo del Patto di stabilità e crescita».

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