Più trasparenza, più tasse e una maggiore regolamentazione per le criptovalute. È quanto iniziano a chiedere anche i politici europei, finora su posizioni abbastanza defilate. Sul mercato rimane infatti alta la febbre per le monete elettroniche a nove anni dalla estrazione del «blocco 0» di bitcoin che ha dato il via alla rivoluzione delle valute digitale. Ieri Ewald Nowotny, governatore della Banca Centrale austriaca e «falco» del rigore in seno alla Bce, è tornato a invocare una stretta regolatoria definendo la criptovaluta uno strumento speculativo e per il riciclaggio di denaro sporco.
Pochi giorni fa era stata la volta di Bruno Le Maire, ministro delle Finanze francese, a sollevare il problema con l'intento di sottoporlo al G20 di aprile. Per Stefan Kreuzcamp, capo degli investimenti di Deutsche Bank, l'adozione di una regolamentazione è solo una questione di tempo sempre che gli Stati vogliano mantenere il controllo sulla creazione di moneta.
Il dibattito è aperto. «Una stretta normativa? Il proibizionismo non ha mai funzionato. Le valute digitali possono essere confrontate con Torrent, il sistema per scambiare file in rete che, nonostante alcuni deboli tentavi iniziali per bloccarlo, continua ad essere utilizzato e sviluppato», sottolinea a Il Giornale Christian Miccoli, ex ad di Ing Direct e CheBanca!, e oggi a capo di Conio app, fondata con Vincenzo di Nicola per la compravendita e la gestione di bitcoin.
Lo stesso Fabio Panetta, vice direttore di Banca d'Italia, pur mettendo in guardia i piccoli investitori dalle valute digitali «contratti altamente speculativi e simili a una scommessa», ha dichiarato che «gli scambi avvengono al di fuori del mercato, un'azione legislativa nazionale finirebbe per essere inefficace».
Il tema è globale e la decisione è politica, visto che si tratta di strumenti finanziari regolamentati solo dalla rete, delicata e tecnicamente complessa da gestire. «Si dovrebbe applicare quella che è la regola di base in ogni altra transazione finanziaria: tutti i soggetti coinvolti dovrebbero rivelare la propria identità (l'anonimato è stato parte del successo delle criptovalute ndr)» ha sostenuto Nowotny: «Ci chiediamo se i legislatori o le banche centrali debbano intervenire, come hanno fatto in Cina (che ha posto vincoli sulle piattaforme di scambio ndr)». «Non spetta alla Bce deliberare in materia ma semmai al Parlamento, come ha detto il governatore Mario Draghi ribatte Miccoli -. La direttiva europea 849/2015 prevede già l'estensione agli exchange (le attività che fanno compravendita sulle criptovalute ndr) della normativa antiriciclaggio che vincola le banche europee. L'anonimato è già quindi parziale e il rischio di riciclaggio è inferiore, come riconosciuto dalla Commissione Ue, a quello sui normali conti correnti».
Nowotny invoca poi più tasse a partire dall'Iva sulla conversione delle monete «dal momento che il bitcoin non è una valuta», ipotesi finora esclusa dalla Corte Ue.
In Italia l'Agenzia delle Entrate è stata chiara: i guadagni generati dalla rivalutazione dei bitcoin non sono tassati. Il che, secondo Miccoli, rappresenta una opportunità: «Se stimolato, il settore potrebbe rappresentare per l'Italia un'economia da 5-10 miliardi, ovvero il 10% del fatturato futuro globale».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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