Bernabè: «No all’esproprio di Telecom»

Bernabè: «No all’esproprio di Telecom»

Giù le mani dalla rete e anche dalla sua gestione. Questa la reazione del presidente di Telecom Italia a una norma del decreto legge sulle semplificazioni, proposto dalla Lega. L’emendamento vuol dare la possibilità di disaggregare alcuni costi del cosiddetto unbundling, ossia l’accesso all’ultimo miglio della rete Telecom, quella che entra in casa dei consumatori. Si tratta di una norma molto tecnica, secondo alcuni osservatori dettata dalla lobby dei cosiddetti «Olo», ossia i concorrenti dell’ex-monopolista, pronti a fare qualsiasi cosa per diminuire il prezzo dell’unbundling, il canone che devono pagare a Telecom per poter usufuire del prezioso ultimo miglio. Nel decreto in discussione c’è infatti la possibilità di disaggregare dall’unbundling, ossia dall’affitto della rete, che costa 9,67 euro al mese a cliente, quello della manutenzione, che su quel canone inciderebbe per circa 2 euro. Il risultato sarebbe che qualunque concorrente di Telecom, dotato di accesso all’ultimo miglio, potrebbe spedire la sua squadra per la manutenzione sulla rete.
Certamente un’impresa non semplice che ha fatto scattare le perplessità dell’Authority per le tlc in Italia, ma anche dell’Ue che ha chiesto spiegazioni, dato che quella italiana sarebbe una misura unica in Europa. «Si tratta di un esproprio che, se passasse, non darebbe alcun vantaggio ai consumatori e metterebbe a rischio il diritto di segretezza delle comunicazioni - ha spiegato il presidente Bernabè, che da sempre ha difeso la rete di accesso, soprattutto da chi ne chiedeva addirittura la vendita -; l’attribuzione a una pluralità di soggetti dell’attivazione e della manutenzione risulterebbe del tutto impraticabile per evidenti motivi tecnici e, inoltre, anche ove fosse realizzabile, non garantirebbe certamente benefici per i consumatori. Anzi, non potrebbero neppure essere garantiti livelli di qualità previsti».
Secondo il presidente di Telecom, inoltre, le cifre dimostrano come appaia «destituito di fondamento qualsiasi freno allo sviluppo della concorrenza». Secondo i dati presentati da Bernabè, nella relazione all’Organo di vigilanza di Open access, negli ultime tre anni in un «mercato in contrazione di più di 500mila linee, gli operatori alternativi hanno totalizzato circa 2,2 milioni di acquisizioni nette. I nuovi clienti sono stati collegati grazie all’attivazione di più di 2,1 milioni di accessi wholesale forniti da Telecom». Nello stesso periodo, il mercato dell’accesso a larga banda ha registrato una una crescita di 2,3 milioni di linee Adsl, delle quali solo 370mila sono state per Telecom e circa 1,9 milioni per gli operatori alternativi. Insomma, Open access, che garantisce la parità di accesso alla rete di Telecom agli operatori alternativi, avrebbe svolto bene il suo compito.
Contro la norma c’è anche il presidente dell’Autority per le tlc, Corrado Calabrò. «Si tratta di un decreto legge - ha detto Calabrò - invasivo delle competenze dell’Agcom e non rispettoso del quadro regolatorio comunitario». In ogni caso, il presidente dell’Agcom non ha dubbi, «la norma va modificata e penso che lo sarà». Del resto anche i sindacati di categoria erano insorti prevedendo un ulteriore taglio alla forza lavoro di Telecom sul fronte della manutenzione.Ieri Bernabè ha spiegato che Telecom punta a coprire entro il 2014 sei milioni di unità immobiliari, circa il 25% della popolazione, con una rete di nuova generazione prevedendo per i prossimi tre anni 9 miliardi di investimento.

«Siamo alla vigilia di investimenti importanti, non è più il momento di discutere sugli obblighi regolamentari, l’Autorità ha creato le condizioni, spetta a noi realizzarle e dare al Paese le infrastrutture tecnologiche - ha aggiunto Bernabè -; gli investimenti partiranno in tempi molto rapidi». E così ieri il titolo Telecom è salito del 2,93%.

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