Bonomi e quell'idea di Fisco che pesa sulla classe media

Bonomi e quell'idea di Fisco che pesa sulla classe media

Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, sostiene che la misura fiscale prioritaria è la abrogazione dell'Irap, che genererebbe più crescita e maggiore produttività. Ma la manovra costa 30 miliardi e ne chiede subito dieci. Poiché il bilancio pubblico del nostro Paese ha già un deficit pauroso, qualcuno questi miliardi li dovrà pagare. Salvo che operi il teorema di Laffer, che afferma che la riduzione di aliquote aumenta il gettito, quando il mercato del lavoro è liberalizzato.

Le norme sui contratti nazionali di lavoro che Confindustria ha sottoscritto con la trimurti sindacale, a guida Cgil, comportano la prevalenza dei contratti nazionali su quelli regionali, locali e aziendali, dando luogo a una disoccupazione strutturale dell'8,5%. In Germania, ove i contratti sono stati liberalizzati (con una iniziativa del partito socialdemocratico tedesco) la disoccupazione strutturale è invece attorno al 2-3 per cento.

Dove si possono trovare i 30 miliardi? Bonomi risponde: negli «assalti alla diligenza» che i partiti hanno compiuto e che permangono. Il primo è il Reddito di cittadinanza che, secondo il bilancio di previsione, costerà 7,7 miliardi nel 2022 miliardi all'anno e riguarderà 1,1 milioni di famiglie.

Questo stanziamento il governo però lo ha messo a bilancio. Il Pd è disposto a abolirlo? L'altro assalto alla diligenza che Bonomi indica sta nelle pensioni a Quota 100, che costano 5,5 miliardi annui per 250mila persone, di cui 60 autonomi e 190 mila dipendenti: 70mila del Pubblico impiego e 120mila privati. Il costo sarebbe zero se chi va in pensione prima dell'età stabilita percepisse una pensione ridotta, in base al minor numero di anni di contributi.

Ma il sindacato a guida Cgil (e non solo Salvini o Meloni) non ci sta. Se si ripristinasse la regola dell'epoca di Craxi per cui il pensionato che lavora non deve pagare di nuovo i contributi, avendo già una pensione, il taglio della pensione sarebbe più accettabile. E gli anziani che lavorano in nero sarebbero disponibili per coprire le carenze di lavoro qualificato. Comunque, questi 5 miliardi di Quota 100 sono solo una piccola fetta dei 30 e se si riducesse il cuneo fiscale di 10 miliardi nel 2022 ne servirebbero altri 5 e ulteriori 25 negli anni successivi.

Chi li dovrebbe pagare? Qui rispunta il catasto su base patrimoniale e c'è una nuova tegola fiscale sul ceto medio: l'Imu che ora è una addizionale sulla base imponibile dell'Irpef, diventerebbe una sovra imposta sul tributo Irpef dovuto. Perciò chi ha più reddito pagherebbe di più, a parità di servizio ricevuto; un servizio pessimo a Roma e scadente a Torino, congestionata di auto e di smog.

Insomma, il ceto medio pagherebbe i 30 miliardi di taglio del cuneo fiscale. Che, come ho osservato, si autofinanzierebbe se si liberalizzasse il mercato del lavoro. Gli sprechi di spesa poi non sono solo Quota 100 e Reddito di cittadinanza. C'è molto altro, e lo paga Pantalone.

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