Borse da rally: Milano non è più sola

Borse da rally: Milano non è più sola

La stretta di mano non c'è ancora, ma il braccio di ferro sul tetto del debito Usa sembra sul punto di sciogliersi: i repubblicani hanno proposto a Barack Obama un innalzamento di sei settimane del debt ceiling, così da scongiurare il rischio di un default il prossimo 17 ottobre. E su una soluzione di compromesso, illustrata al presidente durante un incontro ancora in corso nella tarda serata di ieri, hanno scommesso senza esitazione le Borse, tutte in rialzo.
La ventata di euforia collettiva è stata anche alimentata dalla fresca nomina al vertice della Federal Reserve di Janet Yellen, la pasionaria anti-disoccupazione su cui i mercati contano per un avvio del tapering il più graduale possibile, come peraltro suggerito dalla numero uno del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde, per «limitare la volatilità dei mercati». Il doppio imprinting Usa (debito e Fed) sulle Borse ha così determinato uno scarto rispetto alle ultime sedute, quando Piazza Affari aveva praticamente corso da sola grazie al continuo afflusso di capitali dei grandi investitori internazionali. La forte liquidità che si è venuta a liberare dalle aree emergenti non appena la Fed ha manifestato l'intenzione di ritirare le misure di stimolo, ha trovato un porto nella nostra Borsa (e in quella spagnola), dove i prezzi delle azioni sono in alcuni casi ancora a forte sconto e le possibilità di rendimenti sono quindi superiori che altrove.
Anche se il Ftse-Mib non ha indossato ieri la maglia rosa (meglio si sono comportate Madrid, Parigi, Francoforte e New York), il +1,54% colloca l'indice ai massimi dal luglio 2011, con un guadagno superiore al 9% nell'ultimo mese.
È evidente che la mancata crisi di governo, eliminando i timori di elezioni anticipate e di un differimento delle riforme strutturali, ha allargato la vena rialzista di Piazza Affari. Lo spread, infatti, si è decisamente raffreddato dopo il picco di quasi 300 punti raggiunto quando il dissolvimento della maggioranza Pd-Pdl sembrava ormai scontato. Ieri il differenziale Btp-Bund è sceso a 246 punti, e l'Italia ha effettuato il contro-sorpasso nei confronti della Spagna (247 la forbice tra Bonos e Bund). Merito anche dell'asta dei Bot annuali che ha visto scendere i rendimenti al di sotto dell'1% (allo 0,99%) per la prima volta dal giugno scorso, con un collocamento complessivo da parte del Tesoro di 8,5 miliardi di euro, a fronte di richieste pari a 14,65 miliardi. Un buon viatico in vista del test, ben più probante, che vedrà oggi Via XX Settembre alle prese con un'emissione di Buoni poliennali a tre e 15 anni particolarmente «pesante» (6 miliardi di euro al massimo), tenuto conto dei 5 miliardi di BTp a 7 anni appena piazzati dal ministero.
Seppur in misura minore, gli investitori stanno probabilmente anticipando quella ripresa dell'economia reale che in Italia tarda ad arrivare, mentre nell'area dell'euro il Pil è cresciuto dello 0,3% tra aprile e giugno secondo il Bollettino di ottobre della Bce. La recovery, ha però ribadito ieri Mario Draghi, «rimane ancora fragile». Per uscire dalla crisi occorre «tagliare le tasse per ricreare investimenti e occupazione e tagliare la spesa pubblica». Quanto al nostro Paese, l'ultimo dato Istat indica un calo in agosto della produzione industriale dello 0,3% mensile e del 4,6% annuo.

Il Centro Studi Confindustria ipotizza un recupero dello 0,4% già a partire da settembre, non sufficiente a evitare un calo dello 0,9% nel terzo trimestre. Le dolenti note vengono dal confronto con il picco di attività pre-crisi dell'aprile 2008: all'appello mancano oltre 25 punti, segno che il recupero sarà lungo e faticoso. Ma questo già lo sapevamo.

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