Economia

Bundesbank conferma i timori: allarme recessione per la Germania (ma fa male anche all'Italia)

Si teme una recessione in Germania, dice la Bundesbank. E il danno può ripercuotersi in tutta Europa, compreso il nostro Paese

Bundesbank conferma i timori: allarme recessione per la Germania (ma fa male anche all'Italia)

La Bundesbank conferma i timori del Fondo Monetario Internazionale per l'economia tedesca e lancia l'allarmme "Una forte contrazione dell'economia tedesca è sempre più probabile" A stimarlo è la Bundesbank, la banca centrale del Paese, nel suo rapporto mensile di ottobre pubblicato oggi. "L'inflazione costantemente elevata e l'incertezza sulle forniture e sui costi energetici stanno chiaramente pesando sull'economia tedesca", afferma il rapporto, che getta un'onda nera sulla prospettiva di ripresa del Paese colpito dal caro-energia e dalla prospettiva di un calo della produzione industriale.

"È probabile che l'economia sia sull'orlo della recessione", ammette la Bundesbank confermando gli scenari del Fmi e di molti istituti economici di ricerca secondo cui, nel migliore dei casi, il 2023 e la fase finale del 2022 saranno a crescita zero per la Germania. La banca ha centrale aggiunto che mentre la produzione economica potrebbe essere stata "praticamente invariata" nel terzo trimestre del 2022, le prospettive sono cupe. "Nel semestre invernale appena iniziato, è probabile che la tendenza al ribasso aumenti considerevolmente", aggiunge il rapporto. "Nel complesso, la produzione economica potrebbe diminuire significativamente nella metà invernale", concludono gli economisti della banca. La minaccia recessiva è incombente.

Per il 2022 le stime continuano a prevedere una crescita complessiva nella prima economia europea grazie agli incrementi registrati nel primo semestre. Secondo molti economisti, l'incombente collasso economico in Germania sarà probabilmente più grave che in molti altri paesi europei, ma non così grave come nel 2020, anno segnato dalla pandemia di coronavirus, quando il prodotto interno lordo tedesco si è ridotto di oltre quattro per cento. Il rischio, però è che la crescita nominale del Pil gonfiata dall'inflazione mascheri i problemi reali.

L’Ifo Institute, uno dei più noti istituti di ricerca del Paese, si è detto preoccupato a settembre perché il rallentamento della prima economia europea potrebbe essere solo all’inizio. Le previsioni attuali dell’Ifo lasciano presagire un calo del Pil dello 0,2% e dello 0,4% nei due trimestri autunnali e invernali nel periodo compreso tra settembre e marzo. Il Kiel Institute for the World Economy (IfW), uno dei più importanti in Europa, prevede nelle sue analisi, parla addirittura del rischio stagflazione per il 2023, a causa del combinato disposto tra un calo dello 0,7% del Pil e di un aumento dell’inflazione.

Allo stesso modo, l'entità ha riscontrato che l'approvvigionamento energetico continua a essere un problema per l'industria ei consumatori. "Nella prospettiva di oggi non è prevedibile il razionamento della benzina. Tuttavia, i costi energetici elevati possono avere un effetto simile e causare un calo della produzione, soprattutto nell'industria", hanno spiegato gli economisti della Bundesbank. "È probabile che anche la notevole perdita di potere d'acquisto e una propensione alla spesa repressa delle famiglie porti a un calo dei consumi privati ​​e si ripercuota sui servizi legati ai consumi". La Bundesbank non si aspetta che i prezzi al consumo scendano rapidamente: "Nei prossimi mesi è probabile che il tasso di inflazione rimanga a doppia cifra, anche se entreranno in vigore alcune nuove agevolazioni, ad esempio la riduzione dell'aliquota IVA su gas e distretti riscaldamento da ottobre." A settembre, il tasso di inflazione annuale in Germania è salito al 10. L'ultima volta che si è verificata un'inflazione a due cifre in Germania è stato nel 1951.

Gli alti tassi di inflazione riducono il potere d'acquisto dei consumatori. E in Germania sono ulteriormente temuti per il precedente storico dell'iperinflazione di Weimar del 1923 che segnò lo shock dell'economia post-Grande Guerra e diede fiato alle trombe degli estremisti come il Partito Nazista. Oggi, il punto che la stagflazione può segnare è invece quello della convergenza tra il maxi-pacchetto di aiuti e una vera e propria "esportazione" del vento recessivo tedesco. Meno Pil e più inflazione in Germania vuol dire minori investimenti industriali e un danno alle catene del valore che puntano anche sull'Italia. Questo, assieme allo stimolo economico promosso da Olaf Scholz, può "esportare" inflazione e recessione nel resto del Vecchio Continente.

Rendendo il Paese centrale d'Europa, di fatto, il suo destabilizzatore.

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