Il cambio alla Fed preme sul dollaro

L'euro tocca i nuovi massimi. Trump vuole sostituire il «sergente» Yellen con Cohn

Il cambio alla Fed preme sul dollaro

Procede a passo spedito la corsa dell'euro verso quota 1,15, livello che secondo molti analisti coincide con il traguardo finale di medio termine della gara fra le due principali valute al mondo. Ieri la moneta unica ha chiuso a 1,142 dollari, leggermente sotto i massimi toccati in mattinata quando il biglietto verde era scivolato su livelli che non vedeva da maggio 2016 in seguito degli ultimi sviluppi del Russiagate con lo scambio di mail tra esponenti russi e il figlio maggiore di Donald Trump. Il dollaro si è poi stabilizzato quando è cominciata a circolare la bozza dell'atteso discorso tenuto ieri davanti al Campidoglio dalla presidente della Federal Reserve, Janet Yellen.

Quest'ultima ha infatti assicurato che ci sarà un graduale rialzo dei tassi di interesse nel prossimo futuro, ma che non dovrà essere troppo marcato. «La crescita è rimbalzata nel secondo trimestre», ha osservato Yellen, «così come la spesa delle famiglie e gli investimenti delle imprese». In questo scenario ulteriori graduali rialzi dei tassi saranno probabilmente appropriati nei prossimi anni per sostenere l'espansione economica e il ritorno dell'inflazione all'obiettivo del 2 per cento. Tuttavia, «i tassi di interesse non dovranno crescere molto per raggiungere un livello di politica monetaria neutrale». Il passo moderato è piaciuto a Wall Street, dove il Dow Jones ha registrato un nuovo record intraday a 21580 punti.

Il «sergente di ferro» della Fed, che tifava per i democratici per mezzo dei tassi appiattiti a zero, ha però i mesi contati. Quella odierna «potrebbe anche essere» l'ultima audizione della presidente davanti alla Commissione Finanze del Congresso americano, ha ammesso la stessa Yellen in risposta a una domanda di una rappresentante repubblicana. La presidente della Fed non ha invece voluto commentare la sua disponibilità a servire per un nuovo mandato, dietro una eventuale richiesta dell'amministrazione Trump. Al momento «resto focalizzata sul lavoro attuale», ha precisato. In un'intervista rilasciata al Wall Street Journal nell'aprile scorso il presidente Usa aveva lanciato un inatteso endorsement della Yellen: «Mi piace, la rispetto», aveva detto, al punto di non escludere una sua riconferma a febbraio 2018, quando scadrà il mandato (era stata nominata il 3 febbraio 2014). Ma ieri fonti vicine alla Casa Bianca hanno riferito a Politico, punto di riferimento per l'informazione politica americana, che Gary Cohn è il candidato preferito del presidente statunitense per la guida della Fed.

Secondo le indiscrezioni apparse ieri sul sito Politico.com, Trump sarebbe infatti sempre più orientato verso la nomina dell'ex presidente ed ex direttore operativo di Goldman Sachs, ora direttore del National Economic Council, agenzia federale che dà al presidente consulenza su questioni economiche interne e internazionali. Tra i possibili successori della Yellen si parla molto anche di Kevin Warsh, ex governatore della Fed (Cohn e Warsh hanno in comune la mancanza di una laurea in economia).

Intanto, per la prima volta dal 2010, la Bank of Canada ha incrementato il costo

del denaro, portandolo dallo 0,5% allo 0,75 per cento.

La Banca centrale canadese è dunque il primo grande istituto centrale a seguire la Federal Reserve sulla via di una politica monetaria progressivamente più restrittiva.

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