Carige, Malacalza attacca anche la Bce

Per il primo socio Francoforte ha agito «impropriamente» nei rapporti con l'ad Fiorentino

Cinzia Meoni

Vittorio Malacalza, vicepresidente di Carige e azionista di maggioranza relativa con il 20,6% del capitale, ha ufficializzato le proprie dimissioni dal cda della banca ligure a decorrere dalla prossima assemblea che dovrebbe essere convocata per metà settembre.

L'imprenditore ha inviato una lettera ai consiglieri dell'istituto, al presidente del collegio sindacale, ai tre membri della Bce (Danièle Nouy, Ramon Quntana e Gloria Viedma Nunez), a Fabio Panetta e Carmelo Barbagallo di Banca d'Italia e alla Consob. A motivazione dell'addio, oltre ai noti dissidi con l'ad Paolo Fiorentino sulla governance ritenuta poco collegiale, ha puntato il dito contro la Bce, rea di avere messo in campo interferenze «improprie». Un punto su cui si attende una risposta dagli organi deputati.

Nella missiva Malacalza ha puntualizzato: «Non mi è stato possibile più efficacemente incidere per evitare le disfunzioni» all'interno della gestione del Consiglio anche per via della posizione «assunta dalla Bce che ha più volte e in diverse forme - invero a mio giudizio impropriamente - invitato a non interferire con la conduzione dell'amministratore delegato». Una conduzione che, stando a quanto descritto dallo stesso Malacalza, avrebbe fatto sì che «operazioni anche di grande rilevanza economica e di importanza strategica» siano «state presentate alla deliberazione del consiglio con una inadeguata definizione dei termini delle medesime, con una documentazione istruttoria carente e trasmessa in tempi insufficiente per il necessario approfondimento preventivo per consentire ai consiglieri decisioni informate e ponderate».

Per questo, a giudizio dell'imprenditore, il cda si è trovato a dover conferire «mandati molto ampi all'ad che poi presentava al consiglio atti già compiuti». In particolare, Malacalza cita «il rifiuto o ostruzionismo» da parte di Fiorentino nel fornire la documentazione completa relativa alla cessioni di attività di Carige correlate «a impegni di sottoscrizione di quote del recente aumento di capitale da parte dei cessionari». Nella lettera si parla inoltre di «gravi perplessità» per l'«esplosione dei costi connessi all'aumento di capitale e alle operazioni di rafforzamento patrimoniale». Malacalza è inoltre tornato a puntare il dito su «fatti molti gravi» legati all'inchiesta giudiziaria sullo stadio della Roma. La diffusione per esteso della lettera di dimissioni tramite le agenzie stampa ha poi evidenziato i contrasti già emersi in passato tra l'azionista di controllo e la gestione della comunicazione, attraverso i canali ufficiali, della banca genovese.

Carige, in accordo con il consiglio e con le autorità di Borsa, aveva inviato in mattinata la formalizzazione delle dimissioni estrapolando in sintesi brevi citazioni della lettera. Ma non è bastato a Malacalza che ha preferito intervenire senza filtri per approfondire il suo punto di vista.

Non si escludono nei prossimi giorni nuovi colpi di scena ma l'appuntamento ufficiale è rinviato al 3 agosto quando il cda fisserà la data dell'assemblea sul rinnovo del cda

dopo le dimissioni di Malacalza, di Giuseppe Tesauro e di due consiglieri.

Sarà quello il teatro della prova di forza anche con il finanziere Raffaele Mincione che condivide i progetti di Fiorentino sul futuro della banca.

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