Carige, Malacalza vuole azzerare il cda

Chiesta un'assemblea straordinaria. Dopo l'affondo della Bce il titolo perde il 4,6%

Carige, Malacalza vuole azzerare il cda

Malacalza Investimenti, azionista di riferimento (al 20,6%) di Carige, scende in campo e risponde all'ultimatum della Bce notificato all'istituto genovese venerdì scorso e comunicato al mercato domenica pomeriggio. Francoforte ha richiamato la banca a ristabilire i requisiti patrimoniali richiesti entro fine dicembre e far funzionare il governo societario per fine settembre dopo la raffica di dimissioni giunte negli ultimi giorni, tra cui quelle effettive dell'ex presidente Giuseppe Tesauro e quelle del vicepresidente, Vittorio Malacalza, posticipate all'elezione del nuovo board.

In questo scenario, Malacalza Investimenti ha chiesto la convocazione dell'assemblea della banca ligure per deliberare sulla revoca del cda e il rinnovo del vertice. La richiesta si aggiunge a quella presentata qualche giorno fa da Raffaele Mincione azionista ufficialmente al 5,4% del capitale (che tuttavia potrebbe essere salito, stando alle sue stesse parole, al 9,9%). Già nelle scorse ore Carige aveva confermato che la convocazione di un'assemblea è all'ordine del giorno del prossimo cda in programma il 3 agosto. Per la prima volta il controllo di una banca sarà conteso dai soci in assemblea, sempre che una simile interpretazione dei rigidi paletti normativi non venga contestata. Entrando poi nello specifico delle richieste mosse dalla Bce, Malacalza ritiene che l'attuazione degli interventi non possa essere guidata da chi non ha raggiunto «il pieno soddisfacimento dei requisiti patrimoniali fin dal 1 gennaio 2018 (cioè all'indomani del completamento dell'aumento di capitale)» e ha predisposto il nuovo piano di conservazione del capitale «che ora la Bce mostra di non condividere». A firmare il piano di ristrutturazione da un miliardo è stato un anno fa l'ad, Paolo Fiorentino, di cui Malacalza non condivide la gestione. Tanto da arrivare a dimettersi e a dare mandato ai suoi legali per verificare eventuali profili da far valere in giudizio.

Il piano, tuttavia, è stato realizzato solo parzialmente, come ha notato Francoforte che ha elencato tutte le promesse non mantenute: la mancata emissione di un bond subordinato fino a 500 milioni e le cessioni di attività non strategiche (Bankitalia, AutoFiori e immobili) non ancora effettuate. Malacalza, che in Carige ha già investito 400 milioni, sottolinea ancora una volta «il proprio impegno a sostegno della banca».

Di fronte all'aut aut della Bce che anche ieri ha caldamente invitato l'istituto genovese a considerare un'aggregazione industriale per superare diversi ostacoli, l'azionista conclude sostenendo che la banca «sarà in grado di far fronte nei tempi ragionevolmente occorrenti, pur, se del caso, con l'ulteriore e proporzionato sacrificio di asset». In questo contesto, il titolo Carige ieri ha chiuso la seduta in calo del 4,6% a meno di un centesimo (0,0082 euro), per una capitalizzazione di 460 milioni. Oggi, fa notare un analista, la banca vale il 20% in meno rispetto alle attività che ha nel suo patrimonio. Potrebbe perfino esserci la fila per entrare nel capitale della banca, se solo la litigiosità diminuisse.

Il vero problema non è il deficit di capitale (a spanne, si stimano, 150 milioni circa), ma appunto la possibilità di presentarsi ai partner nel migliore dei modi lavorando quindi sul rapporto tra

sofferenze e totale credito ancora elevato, e sulla redditività. Il rischio è quello che, in caso contrario, la pressione della Bce spinga l'acceleratore su un matrimonio dove le condizioni verranno decise dal compratore.

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