nostro inviato a Detroit
Dalla possibile quotazione in Borsa di Chrysler e alla disputa con il fondo pensioni americano Veba, ai problemi del mercato europeo dell'automobile, passando per il rafforzamento del gruppo in Cina attraverso il prossimo sbarco anche del marchio Jeep, fino alle questioni di carattere politico e alla decisione di Mario Monti di salire in politica. All'Auto Show di Detroit, al via in questi giorni nel Michigan e primo grande appuntamento dei costruttori di auto nel 2013, Sergio Marchionne affronta a 360 gradi i problemi del gruppo Fiat-Chrysler, interviene sulle questioni aperte e, una volta punzecchiato, non manca di rispondere con ironia alle nuove provocazioni in arrivo da Volkswagen. L'ultima, nell'ordine, riguarda i vertici di Wolfsburg che, avendo acquisito prima Lamborghini e poi Ducati, hanno sostenuto pubblicamente di essere «gli ambasciatori del made in Italy nel mondo». La replica secca di Marchionne: «Lo accetto come contributo al nostro grande impegno internazionale».
A Detroit dopo il megastand italo-americano che ruota attorno alla nuova Maserati Quattroporte e alla Jeep Grand Cherokee rivisitata, l'attenzione è sul completamento della scalata di Fiat a Chrysler e sugli sviluppi della joint vetture con la cinese Gac. Nel primo caso Marchionne ha affermato che il Lingotto è pronto ad acquistare azioni Chrysler sul mercato e farà la fusione con la controllata Usa, anche se questa sarà quotata. L'ad ha quindi aggiunto che il gruppo non ha intenzione di rinunciare all'esercizio delle opzioni sulla partecipazione del fondo Veba nel produttore di Auburn Hills. «Alla fine avremo una fusione», ha precisato.
Torino detiene il 58,5% di Chrysler, Veba il 41,5%. Lo stesso fondo nei giorni scorsi ha presentato la «registration demand» di un pacchetto pari al 16,6%, con l'ipotesi di metterlo sul mercato. Così facendo, oltre a costringere Chrysler ad avviare il processo per l'Ipo, dimostrerebbe che il suo valore è maggiore di quello dato da Fiat. Marchionne, dal canto suo, ha garantito che Veba non sarà azionista di lungo termine di Chrysler. «Capisco il loro obiettivo: hanno bisogno di monetizzare. Se vogliono farlo attraverso un'Ipo, faremo un'Ipo, ma la fusione si farà lo stesso. L'Ipo di Chrysler è tecnicamente possibile entro nove mesi», ha commentato ancora. La possibile accelerazione dell'accordo con Gac per produrre le Jeep in Cina ha spinto ieri il titolo del 6% a Piazza Affari. Marchionne, sul tema, ha comunque preso tempo: «Nessuna intesa è stata ancora siglata, stiamo lavorando con i nostri partner per vedere cosa fare. L'obbligo di produrre là c'è, in quanto non possiamo esportare per motivi di dogana e dazi».
E mentre gli Usa continuano a dare soddisfazione al Lingotto, tanto da far rivedere alcuni piani di produzione («il Suv Maserati Levante sarà realizzato in Italia sulla piattaforma del Grand Cherokee; la fabbrica di Jefferson North è ormai satura»), è sempre l'Europa la spina nel fianco del gruppo. Nel 2012, alle case generaliste, la crisi sarebbe costata tra i 4 e i 5 miliardi, e da Bruxelles segnali per riequilibrare domanda e offerta, al fine di porre rimedio al problema dell'eccesso di capacità, per Marchionne non sono arrivati.
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