il commento 2 Soci, manager e l'ipotesi «Mediocredit»

di Marcello Zacchè
Per «Mediocredit» c'è ancora tempo. Ma di sicuro, da oggi, archiviato il bilancio della svolta del 2013, Mediobanca è un possibile candidato per essere il futuro Mediocredito di Unicredit. Con Alberto Nagel ad e Federico Ghizzoni presidente. Sulla carta il progetto ci sta e qualche socio ci ha pensato: Unicredit è già oggi il primo azionista di Mediobanca e potrebbe aggregarla con un'operazione in cui gli attuali soci del patto di Piazzetta Cuccia vadano a rimpolpare l'azionariato stabile di Piazza Cordusio. Che potrebbe poi utilizzare il nobile marchio milanese per il «corporate and investment banking». Ma gli interessati negano che il progetto abbia una sua ragione. Nagel, interpellato sul tema, ne fa una questione di vocazione: è vero che Mediobanca si libera del ruolo di holding, ma mantiene una propria forte identità di banca d'affari. Anzi, si tratta di un ritorno al passato, visto che la sovraesposizione sull'equity è una scelta degli anni '90 che in origine non esisteva. Inoltre lo stesso Nagel rifiuta il concetto di «clone» di Unicredit, banca universale, mentre Piazzetta Cuccia resta una specializzata che, anche a livello europeo tornerà ad essere molto ricercata. Parimenti in Piazza Cordusio non la ritengono un'operazione virtuosa. Il business universale della grande banca, che già vanta una forte presenza all'estero, non avrebbe molto da guadagnare e forse qualcosa da perdere con la gestione dell'«ingombrante» marchio.

Ci sarebbe poi da rimettere in discussione un modello di governance e di equilibri geografici che in Unicredit sta dando i suoi frutti. Insomma sembra che la possibilità di creare un campione internazionale, in grado di sfruttare le complementarietà, non siano concrete. Ma forse è solo troppo presto.

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