«In una stanza buia ti muovi a piccoli passi. Non corri, ma ti muovi». La metafora usata ieri da Mario Draghi ben descrive il momento della Bce, stretta tra una congiuntura in progressivo deterioramento e le insidie poste dalla Brexit, dai dazi, dalla vulnerabilità di alcuni Paesi emergenti e dalla volatilità dei mercati. Ma, al tempo stesso, quella del presidente dell'Eurotower è anche un'allegoria inquietante. In genere, le banche centrali hanno una visione chiara di ciò che devono fare, e non procedono mai a tentoni. È invece proprio questa l'impressione che si ricava dalle misure prese ieri, ovvero il lancio di una terza asta Tltro il prossimo settembre (scadenza nel marzo 2021), e lo slittamento del primo rialzo dei tassi almeno a fine 2019. Nell'ultima riunione, lo scorso gennaio, Francoforte aveva ribadito l'intenzione di aprire dopo l'estate il dossier sul costo del denaro. Il cambio della cosiddetta forward guidance, cioè le linee-guida dell'istituto, poteva tra l'altro essere ancora più radicale se il board avesse accolto la proposta di diversi componenti del direttivo di non occuparsi di tassi fino a marzo del prossimo anno. In ogni caso, un forte segnale di discontinuità dettato in gran misura da «una considerevole moderazione nel ritmo dell'espansione economica che si estenderà nell'anno in corso». Non solo a causa delle note cause esogene, ma anche per fattori interni. E uno di questi, ha detto l'ex governatore di Bankitalia, «è certamente l'Italia». Il cambio di scenario ha costretto a una revisione al ribasso delle stime di crescita. Quest'anno l'eurozona non andrà oltre un +1,1% (+1,7% nella previsione precedente), mentre nel 2020 il Pil salirà dell'1,6% (+1,7%) per poi scendere all'1,5% nel 2021. Un'espansione più anemica impatterà anche sulla bussola che orienta le scelte della Bce, l'inflazione: crescerà dell'1,2% nel 2019, contro l'1,6% stimato nel dicembre sorso. «Non c'è mancanza di ripresa. Stiamo parlando di crescita più debole, ma continuiamo a parlare di espansione», ha messo le mani avanti Draghi. Secondo cui i rischi di recessione sono «molto bassi.
Temporeggiare per almeno altri 10 mesi sui tassi potrebbe però non bastare. Soprattutto se anche il recente outlook dovesse rivelarsi ottimistico. Nè sembra già sufficiente riaprire i rubinetti della liquidità. Il numero uno dell'Eurotower vede nelle Tltro lo strumento giusto, che ha «avuto successo nel riattivare il flusso del credito», concepito in modo che le banche «prendano in prestito a buoni tassi per poi prestare all'economia, alle aziende, alle famiglie e al settore privato, non per comprare debito sovrano». Peccato che la mossa della Bce sia stata letta in altro modo dai mercati, delusi per il mancato avvio in giugno dell'asta e dalla prospettiva di condizioni meno favorevoli (sarà possibile prendere in prestito solo fino al 30% dello stock di crediti ammissibili) rispetto alle Tltro precedenti con cui sono stati distribuiti 727 miliardi di euro, dei quali ben 250 accaparrati dalle banche italiane. Così, a Piazza Affari (-0,74%), l'indice del settore del credito è scivolato ieri del 2,6%. Del resto, ha finito anche per pesare lo slittamento della stretta sui tassi che peserà sui margini di redditività degli istituti.
A conti fatti, la Bce ha risicati margini di manovra non potendo esercitare alcuna azione su tassi già azzerati, un'opzione invece a disposizione della Federal Reserve.
A patto di non sconfessare apertamente l'ancora fresca decisione di normalizzare la politica monetaria e di rimettere quindi in moto la giostra del quantitative easing. Di questo, ha però precisato Draghi, «non si è discusso».
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