RomaBocce ferme all'Eurotower. Confermando le sensazioni della vigilia, il direttivo della Bce lascia fermo il tasso d'interesse di riferimento allo 0,25% e non mette sul tavolo altre misure per sostenere la crescita. Allo stesso tempo, il presidente Mario Draghi è molto chiaro nell'invitare gli Stati dell'area euro a non abbandonare le politiche di aggiustamento dei conti pubblici, e a non rallentare il cammino delle riforme. «Le raccomandazioni della Commissione all'Italia e all'Europa sono giuste; tornare indietro - avverte - sarebbe un disastro». La necessità di nuove misure monetarie da parte della Bce, che appariva impellente ancora un paio di mesi fa, adesso s'è allentata. Rispetto ai dati a disposizione nella riunione di febbraio del Consiglio, le nuove stime della Banca centrale sull'andamento dell'economia nell'area euro sono leggermente migliorate: si parla di +1,2% quest'anno, +1,5% nel 2015 e di +1,8% nel 2016. E in questo quadro Draghi non vede più la necessità di nuovi, immediati interventi; neppure alla luce di un'inflazione molto bassa, sempre vicina a quella «zona di rischio» che la Bce individua sotto il livello dell'1%.
Secondo le previsioni rese note ieri, l'inflazione nell'Eurozona dovrebbe attestarsi all'1% quest'anno, per poi aumentare all'1,3% l'anno prossimo, e all'1,5% nel 2016. Livelli che, nell'opinione di Draghi e del Consiglio della Bce, non giustificano un allarme deflazione e allontanano l'urgenza di nuovi stimoli monetari. Insieme, i dati della Bce e le parole di Draghi hanno spinto l'euro ai massimi degli ultimi due mesi sul dollaro, mentre i mercati azionari europei hanno limato i guadagni della mattinata.
Tutto questo non toglie che la Banca centrale di Francoforte rimanga pronta ad affrontare possibili mutamenti di scenario. L'andamento della domanda interna resta pur sempre a rischio, come gli aggiustamenti di bilancio e il processo di riforme strutturali in Europa. «Valutiamo nuove misure, ma non sono facili, ci vuole tempo», spiega Draghi. La possibilità di adottare politiche di quantitative easing, sullo stile della Riserva federale americana, resta per ora nel cassetto del presidente.
Draghi insiste sul pericolo che potrebbero rappresentare passi indietro nel controllo dei conti pubblici e del cammino delle riforme strutturali nei Paesi euro. «Senza riforme non ci sono né crescita né nuova occupazione», ammonisce. La Bce condivide l'allarme lanciato mercoledì dalla Commissione sugli Stati membri, tra cui l'Italia, che presentano squilibri economici eccessivi.
Draghi, infine, avverte le banche europee che gli stress test di quest'anno saranno «rigorosi». E commenta con prudenza la possibile creazione di una bad bank che rilevi i crediti difficili delle banche italiane: «L'opportunità di farla dipende dalle circostanze».
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