Ecco come funziona il «salotto» delle Popolari

Cda a metà tra grandi e piccoli istituti. Per le big la retta è 350mila euro

Metà dei posti in consiglio «arrotondati per difetto» alle banche popolari di maggiori dimensioni, l'altra metà «per eccesso» alle altre cooperative, ma lasciando almeno quattro scranni a quelle più piccole, e con la clausola che nessuno abbia mai più di un rappresentante. La stanza dei bottoni di Assopopolari, l'associazione che difende le lobby del credito cooperativo, è imbevuta dello spirito «capitario» che regola le assemblee delle 75 associate. Le stesse che Bankitalia, per quanto riguarda le grandi cooperative quotate, vorrebbe vedere trasformarsi in spa, a partire da Bipiemme.
Da qui l'aumentato peso politico ricoperto dall'Associazione, ora affidata ad Emilio Zanetti, ex anima di Ubi. La governance è scolpita nei 40 articoli dello Statuto, che il Giornale ha intercettato nella formulazione affidata dallo scomparso Elio Faralli, storico presidente di BancaEtruria, al notaio Bernardino Corsi di Roma.
Le undici pagine del documento, fissati gli scopi istituzionali di «valorizzare il credito popolare», anche sollecitando le «autorità nazionali e comunitarie» (articolo 2), enucleano le regole per l'ammissione, precisando che l'adesione è «impegnativa per due esercizi» e si rinnova in modo tacito (articolo 5). A sostenere buona parte del bilancio sono comunque i quattro big del settore Ubi, Banco, Popolare Emilia e Bpm, per cui si può stimare un esborso annuo vicino a 350mila euro. Non poco, visti i tempi.
Questi stessi governano poi la strategia dell'Assopop (articolo 18): «Ad ogni associata o gruppo bancario spetta un voto per ogni 5 milioni di euro o frazioni di mezzi amministrati, con un minimo di 20 e un massimo di 2.200 voti (fino al luglio 2007 erano 1.700)». Quanto invece ancora al cda (articoli 24-28), che si riunisce «di regola quattro volte l'anno», ne fanno parte tutte le voci più influenti del settore: il presidente del Banco Popolare Carlo Fratta Pasini, quello di Popolare Sondrio Piero Melazzini (che è vice presidente dell'Associazione), Giovanni De Censi (Creval), Gianni Zonin (PopVicenza), Marco Jacobini (Pop Bari) e Piero Montani (Bpm).
Evidente, quindi il tentativo di dare voce, attraverso i rispettivi istituti di territorio, alle diverse regioni e di mitigare la forza nei numeri delle big con il peso morale dei banchieri storici.
Possono accedere al consiglio solo gli amministratori o i direttori delle banche socie: la nomina spetta all'assemblea, ma «almeno 15 giorni prima» le coop medie e piccole designano a scrutinio segreto i propri candidati. Il board delibera a maggioranza assoluta, salvo che per eventuali espulsioni per cui occorre il «sì» dei due terzi.

Una volta a bimestre si vede invece il comitato direttivo (articolo 29), di cui fanno parte il presidente, i vice e tre consiglieri per ciascuna delle due «classi dimensionali» delle associate. Oltre a vigilare sullo statuto, determina poteri e compensi del direttore e del segretario generale. Carica ricoperta da Giuseppe De Lucia Lumeno,uomo forte di Assopop proveniente dal braccio veronese del Banco.

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