Economia

La Fed fa il falco e gela Wall Street

C'è il presente, solidamente incardinato alla necessità di contrastare ancora con forza l'inflazione. E poi c'è il futuro prossimo venturo, probabilmente segnato da un'alea di incertezza

La Fed fa il falco e gela Wall Street

C'è il presente, solidamente incardinato alla necessità di contrastare ancora con forza l'inflazione. E poi c'è il futuro prossimo venturo, probabilmente segnato da un'alea di incertezza. Alla Federal Reserve l'ora del cambio di passo non è ancora scoccata. L'aumento dei tassi di tre quarti di punto deciso ieri, che proietta il costo del denaro negli Stati Uniti al 3,75-4% (ai massimi da gennaio 2008), ha confermato tutte le attese. Ma era il dopo, cioè cosa potrà accadere già a partire da dicembre, a catalizzare l'attenzione dei mercati. E su questo terreno, il presidente dell'istituto di Washington, Jerome Powell, ha gelato tutti. Non è bastato il riferimento che il rallentamento della velocità dei rialzi si sta avvicinando: «È possibile a dicembre o a febbraio, nessuna decisione è stata presa». Anche perché ha subito aggiunto: «I tassi d'interesse dovranno raggiungere un livello più alto del previsto per frenare l'inflazione».

Così, come non si può escludere il mese prossimo una stretta circoscritta a 50 punti base che interromperebbe la sequenza di quattro aumenti consecutivi dello 0,75 per cento, altrettanto in considerazione deve essere resa l'ipotesi che il costo del denaro superi il 5% nei primi mesi del 2023. È un passaggio cruciale che Wall Street ha subito colto, abbandonando l'euforia iniziale innescata dall'idea di una Fed più colomba. I 300 punti di guadagno accumulati sono stati bruciati nel giro di pochi minuti, e a un'ora dalla chiusura il Dow Jones cedeva l'1 per cento, mentre il rendimento dei T-bond decennali era risalito sopra il 4 per cento.

I mercati si sono insomma illusi di aver finalmente trovato il loro Graal, quel pivot dei tassi che la scorsa estate aveva innescato forti correnti di acquisti prima che il dato sui prezzi al consumo in agosto annullasse ogni speranza. Pause nel lavoro di contrasto al caro-prezzi non sembrano invece ancora essere stati messe in cantiere a Eccles Building. Powell ha osservato che «è molto prematuro pensare o parlare di sospendere i nostri rialzi dei tassi. Abbiamo molta strada da fare», perché «vogliamo evitare di commettere l'errore di non essere abbastanza restrittivi o di allentare» la presa «troppo presto». Quindi, ha respinto le accuse di aver troppo irrigidito la politica monetaria: «L'inflazione è ancora ben al di sopra del tasso di interesse sui fondi federali».

La Federal Reserve continua a puntare su un atterraggio morbido, ma una contrazione severa non si può escludere poiché il restringimento delle maglie monetarie deve ancora dispiegare i propri effetti, come peraltro sottolineato nello statement. Per il momento, sottolinea la banca centrale Usa, l'economia cresce a passo moderato, con guadagni di posti di lavoro ancora «robusti» e bassa disoccupazione.

Proprio la resilienza del mercato del lavoro, dove in ottobre sono stati aggiunti altri 239mila posti (contro i 195mila delle previsioni) potrebbe complicare il lavoro dell'istituto di Washington nei prossimi mesi. Si tratta di un numero davvero forte vista la maturità della ripresa economica, ma le assunzioni non sono state ad ampio raggio. I produttori di beni, che sono sensibili ai tassi di interesse, stanno limitando le assunzioni e chi cambia lavoro sta ottenendo buste paghe più leggere, mentre nel manifatturiero (-20mila posti) la situazione va deteriorandosi. Ma il mercato del lavoro presenta anche rigidità, date dal fatto che ci sono quasi due posti liberi per ogni lavoratore disoccupato.

Powell, comunque, non vede al momento in atto una spirale prezzi-salari.

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