Il sistema bancario brinda al nuovo anno: gli istituti medio-grandi hanno infatti superato gli esami Srep dimostrando di avere i requisiti minimi di capitale chiesti dalla Bce per il 2018. Cosa è lo Srep? Acronimo di «supervisory review and evaluation process» è il processo di revisione e valutazione prudenziale che le autorità di vigilanza della Bce svolgono periodicamente per misurare i rischi dei singoli istituti. A valle degli Srep ogni anno sarà poi dato una sorta di voto in base al quale saranno richiesti appunto i requisiti patrimoniali minimi. Ebbene, le banche nostrane hanno certificato che il capitale richiesto da Francoforte per il 2018 è ampiamente inferiore all'indice di solidità patrimoniale - il cosiddetto Cet1 - reso noto dai singoli istituti con la terza trimestrale. Tutto bene, dunque? Attenzione. Perchè, confrontando i target del 2017 con quelli del 2018, si vede che l'asticella posta dalla Vigilanza europea si è già alzata nel giro di un anno, tranne che nel caso di Mps e Carige.
Eventuali scostamenti rispetto ai cuscinetti di capitale in eccesso finora resi noti al mercato (che alle banche servono anche per i piani di pulizia del portafoglio di crediti deteriorati) potrebbero, inoltre, emergere all'inizio di febbraio quando saranno approvati i dati di consuntivo. Va poi ricordato che la Bce fissa per ogni istituto due diverse soglie di capitale. Quella «in chiaro» che le banche sono autorizzate a comunicare è vincolante per la distribuzione di dividendi e bonus, e la «capital guidance» del coefficiente Cet 1 che invece rimane informazione confidenziale tra le singole banche e Francoforte. E che è realisticamente più alto del requisito minimo, visto che comprende anche gli esiti degli stress test sui tassi realizzati nel 2017. Pur non essendo vincolante, la guidance indirizza le scelte dei singoli istituti in operazioni come cessioni di sofferenze o acquisizioni, visto che dà la misura della linea Maginot da non superare in prospettiva senza mettere in allerta gli «sceriffi» dell'Eurotower.
Sulla testa delle banche pende ancora la spada di Damocle dell'«addendum» annunciato dalla Bce sulla gestione dei crediti deteriorati. Dopo il pressing dell'Italia e il parere negativo dei servizi legali del Consiglio seguito a quello dell'Europarlamento, la Vigilanza guidata da Daniele Nouy ha rinviato le nuove regole di alcuni mesi che, seppur meno onerose rispetto a quelle iniziali, arriveranno entro il 2018. La stretta allentata sul lato dell'addendum, accompagnata alla porta dall'Europarlamento, potrebbe quindi rientrare dalla finestra attraverso Srep più rigidi. Il rischio sarebbe lo stesso: se i buffer di capitale non basteranno a soddisfare gli standard della Bce, le banche dovranno mettere in campo misure di emergenza. A cominciare da nuovi rafforzamenti patrimoniali.
Il sistema bancario deve continuare a lavorare sulla qualità dell'attivo: il processo di cessione dei crediti deteriorati ha subìto una forte accelerazione nel corso del 2017 ma in gran parte è stato legato a salvataggi, ristrutturazioni e drastiche pulizie di bilancio. Nel corso del 2018 verranno, inoltre, condotti nuovi «stress test» di vigilanza su Unicredit, Intesa, Banco Bpm e Ubi.
La base di partenza saranno i dati di fine 2017 e l'orizzonte temporale dell'esercizio sarà il 2018-2020. Non verranno fissate soglie minime di capitale da rispettare ma i regolatori terranno conto degli esiti dei test nella valutazione degli Srep di fine 2018.
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