Fiat, la carta dei trasferimenti per scongiurare la mobilità

Cercare soluzioni alternative ai licenziamenti: è quanto proporranno oggi i sindacati firmatari dell'accordo del 2010 con la Fiat. Al tavolo con l'azienda i sindacati potrebbero invitare il Lingotto, per esempio, a riflettere sulla possibilità di coinvolgere i 19 operai Fiom di Pomigliano da assumere, in altre realtà del gruppo, in attesa che il mercato dell'auto riprenda quota. Stesso discorso per i 19 addetti previsti in uscita. Denominatore comune per Fim, Uilm, Ugl e Fismic resta quello di allentare la tensione e di chiedere a Fiat il ritiro della procedura di mobilità per i 19 operai che dovrebbero lasciare il posto ai Fiom.
Categorico il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni: «O l'azienda ci rassicura sui 19 che rischiano la mobilità o sappia che faremo ricorso anche noi».
«Questo clima - avverte Giovanni Sgambati, segretario campano della Uilm - non aiuta né i lavoratori né la Fiat. La via maestra, per noi, resta la difesa dell'accordo del 2010 e di tutti i lavoratori di Pomigliano». «Resta il fatto - aggiunge il leader di Ugl, Giovanni Centrella - che i giudici, prima di emettere una sentenza di quel tipo, avrebbero dovuto analizzare bene quali conseguenze avrebbe provocato». Sergio Marchionne, intanto, è tornato negli Stati Uniti per una serie di riunioni. In sospeso ci sono la fusione Cnh-Fiat Industrial e l'accordo con il fondo Veba per concludere la scalata a Chrysler. Da Detroit il top manager guarderà anche agli sviluppi delle elezioni presidenziali. Un bis di Barack Obama, infatti, darebbe ancora più forza a Marchionne e al suo progetto Fiat-Chrysler per gli Usa. Chi lo ha visto nei giorni delle esternazioni di Mitt Romney sugli italiani e sull'Italia («con Obama rischiamo di finire come l'Italia») e sulla Chrysler («gli italiani sono pronti a delocalizzarla in Cina»), afferma di aver notato l'ad del Lingotto infastidito e colpito nell'orgoglio.
Il gruppo, nel frattempo, continua a macinare posti di lavoro Oltreoceano, forte di un mercato che va a gonfie vele: un migliaio di assunzioni sono state anticipate sia nella fabbrica Jeep di Jefferson North (Detroit) sia a Toledo.
Archiviate le elezioni Usa e ormai in dirittura verso l'esecuzione della sentenza della Corte d'Appello su Pomigliano (lo staff di legali del Lingotto è sempre alle prese con la messa a punto del ricorso alla Cassazione; ci sono 60 giorni per depositare la documentazione), i colloqui e i negoziati sottotraccia potrebbero portare alle soluzioni alternative già ipotizzate.

Da qualche parte, infine, si dice che l'unica persona che potrebbe convincere Marchionne a rivedere le sue decisioni sui 19 operai in uscita, sarebbe il premier Mario Monti, per il quale l'ad del Lingotto ha una grande considerazione. «Una telefonata potrebbe rivelarsi decisiva», afferma una fonte.

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