Sembra proprio che l'Italia faccia di tutto per spingere Sergio Marchionne a traslocare la Fiat in un altro Paese. E non si tratta, in questo caso, di spostare solo la sede legale in Olanda, ma di portare tutta la produzione altrove. Le conseguenze di una tale decisione sono immaginabili. Non c'è solo la Fiom che getta benzina sul fuoco. Ma anche la Consulta, con la sentenza (motivata l'altra giorno) che dichiara illegittimo l'articolo 19 dello Statuto dei lavoratori - ponendo di riflesso le basi per trasferire sulle linee di montaggio del Lingotto la mina della rappresentanza Fiom - ha aggiunto uno degli ultimi tasselli al mosaico anti-Fiat. Non è quindi da sottovalutare l'ennesimo avvertimento lanciato martedì da Marchionne: «Ci riserviamo di rivedere le strategie industriali in Italia, alla luce della sentenza depositata dalla Corte costituzionale».
Tra Pomigliano, Grugliasco, Melfi, Atessa e altre realtà, il Lingotto ha finora confermato oltre 4 miliardi di investimenti, garantendo un futuro a questi poli produttivi. In stand-by, fino a quando il legislatore non avrà fatto chiarezza sul criterio di rappresentatività, restano Mirafiori e Cassino. Tra l'autunno e l'inverno una risposta, a Torino, dovrà per forza di cose arrivare. Fiat, del resto, sta investendo in Italia in impianti che sono fortemente in perdita. Lo si evince dallo studio di AlixPartners che ha preso in esame 100 stabilimenti in Europa. Il parametro di valutazione è il seguente: sotto il 75% di saturazione produttiva, una fabbrica di automobili è in rosso. E se nel 2012 il 40% degli impianti si trovava sotto la soglia di redditività, quest'anno la situazione è peggiorata, con il 58% dei siti produttivi.
Gli stabilimenti italiani, in proposito, viaggiano in media al 45% della saturazione rispetto alla capacità installata. E lo stesso vale per i siti in Francia e Spagna. Tutto questo deriva, principalmente, dalla mancata soluzione del problema della sovracapacità produttiva in Europa: l'eccedenza, rileva ancora AlixPartners, è arrivata a 3 milioni di unità, in un mercato in forte contrazione (da 16,9 milioni di veicoli, in Europa occidentale, nel 2007, alla stima di 12,7 milioni per quest'anno). «E dal 2014 il mercato dovrebbe rimanere a lungo tra 12 e 13 milioni di unità», spiega Giacomo Mori, director di AlixPartners. La soluzione: ristrutturare la capacità produttiva, come sta avvenendo in Francia (Psa), Belgio (Ford) e Germania (Opel).
Eccetto Termini Imerese - il cui polo industriale, dopo l'addio di Fiat alla fine del 2011, attende ancora di trovare un investitore - Marchionne ha confermato il resto della struttura produttiva, con l'intenzione di farne una base per l'esportazione nei Paesi in crescita, che anche lo studio della società di consulenza aziendale, evidenzia come l'unico modo per contrastare la crisi nel Vecchio continente e, in particolare, il persistente eccesso di capacità produttiva.
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