Fiat in picchiata a Piazza Affari: -6,65% ieri, con il titolo piombato a 3,51 euro. Sulle azioni del Lingotto, dunque, nessun effetto Obama (dalla sua rielezione alla Casa Bianca ci si aspetta un'agevolazione del lavoro di Sergio Marchionne negli Usa); a prevalere, invece, sono state le preoccupazioni espresse in questi giorni dal mercato.
Al taglio della raccomandazione da «conviction buy» (acquistare con determinazione) a «neutral» da parte di Goldman Sachs, si è aggiunto il giudizio degli analisti di Deutsche Bank, «sell», cioè vendere, con un prezzo obiettivo ritoccato da 3,70 a 3 euro.
Perché questo nuovo clima di sfiducia nei confronti di Fiat? Al di là dell'ultima trimestrale che evidenziava il continuo effetto traino sui conti Fiat da parte di Chrysler, nonché le stime tutt'altro che rassicuranti sul futuro scenario europeo per l'auto, a non convincere le sale operative sono la svolta «premium» decisa da Marchionne, gli investimenti preannunciati in Italia e le difficoltà a concludere la scalata al 100% di Chrysler.
«Marchionne - spiega un analista - ha bisogno di risorse per realizzare il piano d'investimenti in Europa e, quindi, in questo momento non può pensare di spendere per crescere in Chrysler. Inoltre, l'ad ha detto che i flussi di cassa provenienti da Fiat serviranno proprio per la svolta premium del gruppo, denaro che viene per ora assicurato dal Brasile e da Ferrari. Mi chiedo se questo cash basterà a coprire gli investimenti promessi e se il progetto premium, una volta concretizzato, garantirà un ritorno adeguato, Sono queste le perplessità del mercato».
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