Atene«Syriza ha fatto promesse che non possono essere mantenute e il popolo greco presto capirà che è stato ingannato da falsi annunci». Le parole dirette ad Atene da Luc Cohen, membro del consiglio della Bce, sono identiche a quelle che l'eurodeputato del Syriza, Manolis Glenzos, ha rivolto ad Alexis Tsipras dopo il primo Eurogruppo. Con la differenza che queste ultime sono firmate dal governatore della Banca del Belgio, mentre le prime erano di chi sin dal primo momento aveva creduto nel premier ellenico. È con questo paradosso che il governo greco si affaccia all'Eurogruppo di domani, con la richiesta di Atene di rivedere la procedura per negoziare le riforme, ma con molti punti interrogativi. Mentre da un lato, secondo un portavoce di Atene, c'è già una prima risposta positiva da parte del presidente Jeroen Dijsselbloem, dall'altro fonti europee sostengono che la lettera greca non è stata preceduta dai tavoli tecnici necessari per dare i voti alle misure. Un accordo in alto mare, quindi.
Tabù, almeno ufficialmente, l'opzione Grexit, con Jean-Claude Juncker (ha rifiutato venerdì di incontrare riservatamente Tsipras) che dalle colonne del Welt am Sonntag ha detto che «non ci sarà mai un Grexit», perché «nessuno dei politici che hanno un ruolo in Europa lavora per l'uscita della Grecia dall'Eurozona», anche se di un piano B si continua a parlare con insistenza. Il motivo? Entro un mese Atene dovrà sborsare circa 7 miliardi, tra interessi sui prestiti, restituzione di tranches al Fmi, rimborso di titoli, Buoni del tesoro e spese di welfare promesse ai meno abbienti. Nella lettera di intenti che domani sarà sezionata da un Eurogruppo iperscettico ci sono propositi di tasse per circa 8 miliardi anche grazie a casalinghe e studenti «spioni» che faranno le veci dei finanzieri, oltre a solenni impegni sulle riforme, come il ministro Yanis Varoufakis ha ribadito da Venezia a margine del meeting Aspen, ma senza licenziare 40mila dipendenti pubblici: tutte misure che dovranno essere comunque vidimate dell'ex Troika che al momento nicchia.
Da Atene, però, ostentano tranquillità. La prima delle tre tranche di marzo (310 milioni) è stata regolarmente pagata al Fmi e la decisione della Bce di escludere Atene dal Qe non ha creato problemi, dicono.
Nei prossimi giorni, inoltre, Tsipras sarà ricevuto dai vertici dell'Ocse per riorganizzare l'amministrazione, forti del fatto che la Bers investirà 500 milioni in Grecia.
Tutto bene allora? No, perché dopo un semestre di lievissimo miglioramento con il ritorno sui mercati e l'uscita dalla recessione dopo 8 anni, in gennaio e febbraio, a causa dell'instabilità elettorale, sono stati 20 i miliardi ritirati dai cittadini ai Bancomat.
Le banche restano in sofferenza, checché ne dica il governatore della Banca di Grecia: quello Ioannis Stournaras, non solo ex ministro delle Finanze nei due governi che si sono susseguiti dal 2011 a oggi, ma soprattutto membro della speciale commissione che «curò» nel 1999 il passaggio della Grecia dalla dracma all'euro. E l'euroscettico ministro della Difesa, Panos Kammenos, annuncia un referendum.twitter@FDepalo
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