La Grecia più vicina all'accordo

L'Eurogruppo: «Possibile chiudere entro fine mese». La ristrutturazione del debito sarà discussa il 24 maggio

Rodolfo Parietti

La dose supplementare di austerità contenuta nelle misure approvate nella notte di sabato scorso dal Parlamento greco è cosa buona e giusta per i ministri finanziari dell'eurozona. Talmente ad hoc, quelle misure che hanno scatenato l'ira della piazza, da rappresentare il mattone su cui cementare l'intesa che permetterà ad Atene di incassare presto cinque miliardi, così da evitare di presentarsi con le casse vuote quando sarà l'ora, in luglio, di rimborsare 3,5 miliardi alla Bce. E non solo: per la prima volta, il 24 maggio, sarà affrontato il nodo della ristrutturazione del debito ellenico. Con un esito positivo, viste le forti divisioni all'interno del governo tedesco e l'aut-aut del Fondo monetario internazionale, non facilmente ipotizzabile.

La riunione straordinaria dell'Eurogruppo di ieri ha avuto la durata di un'intramuscolare, se paragonata alle estenuanti maratone cui ha abituato in passato la crisi ellenica. Giusto il tempo per prendere atto che sussistono le condizioni per finalizzare il cosiddetto accordo staff level, lo snodo necessario per sbloccare gli aiuti. «L'Eurogruppo accoglie positivamente il completamento del pacchetto economico varato dalla Grecia che crea le condizioni per il completamento della prima verifica con successo», ha detto il presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem. Il vertice sembra aver dissolto anche i dubbi sull'implementazione delle misure di aggiustamento nel caso il Paese mediterraneo non riuscisse, entro il 2018, a centrare l'obiettivo di un avanzo primario pari al 3,5% del Pil. Su questo punto, assai delicato, mancano tuttavia i dettagli. E la questione, vista la ferma opposizione finora manifestata dal governo di Alexis Tsipras all'introduzione di clausole automatiche, non è di poco conto visto che in ballo c'è una manovra eventuale di 3,6 miliardi, pari a circa il 2% del Pil, che andrebbe a sommarsi a quella appena varata da 5,5 miliardi l'anno. E il leader di Syriza sa benissimo che potrebbe rischiare il posto chiedendo ulteriori sacrifici a un popolo già alle corde.

Ancora più spinosa potrebbe rivelarsi l'alleggerimento dei tassi e l'allungamento delle scadenze sul debito greco, pari a 320 miliardi. Di tagli al valore nominale, neanche a parlarne. Dijsselbloem ha subito messo in chiaro che un'eventuale ristrutturazione non avverrà prima del 2018, una volta concluso il programma di assistenza finanziaria da 86 miliardi per Atene. Il dossier è affidato ai tecnici dell'Ewg, e potrebbe prevedere tra le ipotesi per il medio termine l'uso dei ricavi sugli interessi dei titoli greci detenuti dalla Bce, mentre per il lungo termine dovranno essere esplorare «misure addizionali per valutare la sostenibilità del debito nei prossimi decenni», ha spiegato il numero uno dell'Eurogruppo.

C'è però un passaggio nella dichiarazione finale dei ministri finanziari, quello in cui si fa riferimento al fatto che le misure di alleggerimento del debito verranno adottate «se saranno necessarie», che lascia aperta la porta anche a lasciare tutto così com'è. Del resto, se l'Italia, come ha spiegato il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, è «aperta a varie opzioni sul debito», non tutti i governi di Eurolandia sono disposti a tendere la mano ad Atene. Tra questi, ha spiccato finora l'intransigenza tedesca espressa attraverso ripetuti «nein» dal ministro delle Finanze, Wolfgang Schaueble.

Ma la granitica opposizione dell'esecutivo di Angela Merkel rischia di sfaldarsi dopo le parole del vice cancelliere e ministro dell'Economia, Sigmar Gabriel, sulla sponda opposta a quella di Schaeuble: «Dobbiamo aiutare la Grecia a ridurre l'onere del debito».

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