Guzzetti: «Atlante lasciato solo» Bomba licenziamenti a Vicenza

Il capo dell'Acri: «Era meglio non partecipare al fondo» Mion: «Abbiamo 1.500 esuberi. E i soldi non bastano»

Gian Maria De Francesco

Massimo Restelli

I problemi degli istituti veneti potrebbero riverberarsi sull'intero comparto bancario italiano. L'impietosa disamina è del presidente dell'Acri e di Fondazione Cariplo, Giuseppe Guzzetti. «Atlante? È uno strumento buono lasciato al suo destino, non è stato un fallimento perché ha permesso il salvataggio di Veneto Banca e Popolare Vicenza, ma è costato 2 miliardi e non so se bastano», ha dichiarato a margine della presentazione dell'Indagine sul risparmio.

Guzzetti, ricordando che il sistema delle Fondazioni ha investito 536 milioni nel Fondo Atlante, ha manifestato una sorta di pentimento. «Retrospettivamente avrei fatto meglio a non partecipare», ha detto. Il motivo? «Bisognava dare un pacco di miliardi ad Atlante per creare il mercato delle cartolarizzazioni e rompere l'oligopolio delle cinque grandi banche americane che comprano sofferenze a 13 centesimi». La missione era «fare quello che si cerca di fare a Siena per portare fuori dal bilancio i deteriorati a 33 cent».

I colpevoli? «Ci sono due banche straniere in Italia, Crédit Agricole (che controlla Cariparma) e Bnp Paribas (che controlla Bnl), che non hanno fatto la loro parte», ha attaccato Guzzetti alludendo ai nominativi che, pur inseriti nelle liste di sottoscrittori stilate al Tesoro, non hanno ottemperato all'impegno preso. Il deus ex machina delle Fondazioni ha invece lodato Allianz, unica investitrice estera in Atlante. «Si è comportata bene, con serietà», a differenza di coloro «che hanno preso i bond a Siena, pur essendo molto lontani», ha concluso alludendo ai sottoscrittori dei subordinati Mps. Tra i quali c'è Generali, che ha investito 150 milioni in Atlante, ma non ha ancora chiuso le trattative sui 200 milioni per Atlante 2.

A rendere ancora più tagliente la rampogna di Guzzetti è la fame di capitale delle ex popolari del Nord Est, salvate dallo stesso Atlante. Per rilanciare Popolare Vicenza «abbiamo bisogno di soldi sicuro. Quanti? Lo dirà il piano» atteso tra un paio di mesi, ha detto il presidente Gianni Mion. Insomma il miliardo e mezzo versato da Atlante in aprile per salvare Vicenza dal bail-in è stato solo l'inizio. La banca comunque ad oggi non ha contatti con nuovi investitori perché «prima c'è il piano». Mion dice tuttavia molto di più, aprendo per la prima volta in Italia alla possibilità espellere 1.300-1.500 cassieri e bancari del back office su 5.500 senza aprire il paracadute del fondo esuberi. Si tratta dell'ammortizzatore sociale appena alimentato dal governo con 670 milioni in Finanziaria per prepensionare 25mila addetti entro il 2019 a fronte di fusioni, acquisizioni e ristrutturazioni.

«Non è possibile utilizzare solo il Fondo esuberi. Si tratta di un esubero strutturale, non è una cosa temporanea. Noi forse abbiamo commesso l'errore di dirlo subito, ma non siamo in condizione di aspettare», ha scandito Mion. Ogni banca in crisi ha un costo di circa 50mila euro l'anno per ciascun addetto affidato al Fondo. Dietro infuria lo scontro sul destino di Vicenza: da una parte quanti vogliono la fusione con Veneto Banca, indicata come la strada maestra anche da Mion, e quanti invece sperano nel cavaliere bianco.

Se Veneto Banca e Vicenza si unissero gli esuberi sarebbero 2.400 circa. Se il cda di Vicenza deciderà per i licenziamenti, «sarà guerra senza confini», minacciano i sindacati. Fabi, Fisac, First e Uilca sanno che il precedente veneto produrrebbe una valanga in tutto il settore.

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