di Marcello Zacché
C on la mossa di ieri Vivendi prende tempo: evita la revoca dei suoi consiglieri in Telecom, chiesta da Elliott, e si garantisce di restare comunque nel cda. Infatti, nell'assemblea del 4 maggio, in presenza di due liste, lo statuto prevede che alla prima vadano 10 membri su 15 (o 12 su 18 se il cda venisse allargato) e alle altre i rimanenti. Quindi, anche perdendo, Vivendi resterà in cda per difendere il suo 23,9%. Elliott, che parte dal 5,7%, dovrà andarsi a cercare i voti. E a questo punto non sarà facile: nell'ultima assise era presente il 58%: se il 24 è per Vivendi, Elliott dovrà far man bassa di altri soci e sperare che Assogestioni non si presenti: scenario difficile. Vedremo in queste ore se la sfida diventerà un vera e propria proxi fight (battaglia di voti) o se si andrà verso un accordo. Ma il fondo Usa ha dalla sua un punto di forza che potrà continuare a giocarsi: la debolezza del piano Vivendi per Telecom e della sua guida. La recente decisione Antitrust di bloccare gli aumenti tariffari è una mina vgante per i conti di Tim. Qualcuno calcola in 30, altri in 40 milioni al mese i possibili minori ricavi e margini: praticamente un potenziale profit warning.
Mentre dalle carte dell'Antitrust, che indaga su un cartello messo in piedi dai grandi gestori per coordinare gli aumenti tariffari, nella parte degli «omissis» ci sarebbero email molto esplicite da parte dello stesso top management di Tim dirette ai concorrenti. Sarà il mercato a giudicare a chi affidare la guida del gruppo. Finito nella bufera per l'ennesima volta in questi ultimi 20 anni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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