I soci italiani rottamano Telco E Telecom va verso la Spagna

Dopo sette anni di dispiaceri i grandi azionisti di Telecom Italia «rottamano» la cassaforte Telco, consegnando idealmente il gruppo di tlc guidato da Marco Patuano agli spagnoli di Telefonica: Madrid detiene infatti il 66% della holding in via di scioglimento cui fa capo il 22,4% di Telecom, pari al 14,8% in «trasparenza».
Il fuggi-fuggi, pur atteso, è scattato ieri quando prima Mediobanca, poco dopo Intesa Sanpaolo, e quindi Generali (che aveva preparato la mossa la scorsa settimana), hanno sfruttato la prima finestra tecnica utile del patto per chiedere la scissione della scatola.
Sia la banca guidata da Carlo Messina sia quella di Alberto Nagel, che avevano già ridotto l' impegno nei telefoni nell'ambito del vasto piano di dismissioni poggiato sulla scelta di porre fine ai «salotti buoni», si ritrovano così ciascuna in mano l'1,6% di Telecom (equivalente al 7,3% di Telco) a fronte di un debito di 179 milioni. Generali avrà il 4,3% (19%) e un debito di 478 milioni. Mediobanca ha calcolato una plusvalenza implicita di 110 milioni, Intesa di 35 e si avvicinerebbe a quota 100 milioni anche quella di Trieste: ieri in Piazza Affari, Telecom ha chiuso in calo del 4,2% a 95 centesimi; mentre da settembre, quando i soci italiani hanno inziato la ritirata, il recupero è stato del 65 per cento.
Questo senza considerare però le svalutazioni che si sono succedute nel settennato. Si può infatti stimare che, compresa Telefonica, l'avventura Telco sia costata qualche miliardo ai soci: nell'aprile del 2007 Intesa, Mediobanca e Generali erano subentrate a Pirelli, apportando le azioni a Telco a 2,6-2,8 euro, mentre la Telefonica di Caésar Alierta aveva versato cash tre euro per azione pur di entrare in Italia dalla porta principale.
In prospettiva, l'interrogativo è invece un altro. Telefonica appare destinata ad «assorbire» Telecom ma, oltre ai 27 miliardi di debiti del gruppo italiano, ci sono almeno due grandi ostacoli: il primo in Brasile, dove l'Antitrust non può accettare il rischio di una concentrazione tra i due operatori dominanti: Tim Brasil (controllata da Telecom) e Vivo (che fa capo a Telefonica); il secondo in Italia, dove resta l'incognita di un'eventuale scorporo della rete come asset strategico per il Paese. All'opposto, il 14,8% oggi detenuto in Telecom non permette ad Alierta di dettare la linea al gruppo, complice il burrascoso libro soci agitato dalla Findim di Marco Fossati.

Quanto ai tempi di uscita, l'ad di Generali, Mario Greco, ha più volte detto che l'avventura nelle tlc terminerà al più presto. Appena più sfumati i ritmi per Intesa Sanpaolo e Mediobanca, che hanno comunque previsto il disimpegno da Telecom Italia nei loro piani industriali, che scadranno nel 2016-2017.

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