Al netto delle solite gaffes dell'ormai noto socio Barni, l'assemblea del Monte dei Paschi di Siena ieri non ha riservato colpi di scena e ha eletto con il 98,6% delle azioni rappresentate il nuovo presidente Massimo Tononi, che non era presente all'appuntamento con gli azionisti. L'ex numero uno di Borsa Italiana, ex Goldman Sachs ed ex assistente di Romano Prodi nonché assai stimato dal presidente di Intesa Giovanni Bazoli si insedierà il prossimo 22 settembre in occasione della riunione del consiglio di amministrazione.
Il ministero dell'Economia, che detiene il 4% del capitale dell'istituto senese, non ha partecipato alla votazione in considerazione della «particolarità della partecipazione acquisita» con il pagamento in azioni degli interessi sui Monti bond, lasciando dunque ai soci la decisione sulla governance della banca.
A farsi notare sono state soprattutto le parole del numero uno della Fondazione Mps, Massimo Clarich: «Non sono in grado di dire se Banca Mps possa camminare da sola non avendo accesso a tutti i dati di bilancio», ha detto ieri, ma il nuovo presidente «non appena si insedierà, prenderà il dossier della fusione come il primo e più importante da seguire». In sostanza Clarich - dopo aver detto nei giorni scorsi che davanti alla porta del Monte «sembra non esserci la fila di pretendenti» - dice di non conoscere «tutte le carte» e manda avanti Tononi, che è stato indicato proprio dalla Fondazione e dai soci del patto di sindacato sul 4,5% del capitale, i sudamericani Btg Pactual e Fintech. Sarà ora compito suo accompagnare l'istituto di Rocca Salimbeni all'altare dopo aver trovato il marito giusto.
Al suo fianco, il nuovo presidente avrà l'amministratore delegato Fabrizio Viola. Almeno finché non arriverà il nuovo partner che potrebbe pretendere un cambio al timone operativo della banca. «L'auspicio è che mi faccia non dico dimenticare Alessandro Profumo, ma non me lo faccia rimpiangere», ha intanto commentato Viola. Che ieri ha anche messo definitivamente le voci su una possibile soluzione «stand alone» rilanciate da alcuni giornali nelle scorse settimane: «Oggi come oggi non ho elementi per dire che la Bce cambi la posizione che ha assunto. Per me la posizione è quella che ci ha comunicato qualche mese fa», ha chiarito l'ad aggiungendo che «non esiste un piano B» rispetto a quello indicato da Francoforte, ossia alla possibile aggregazione con un'altra banca. «Ma per farlo bisogna essere in due» e il fidanzato non si è ancora palesato. A dilatare i tempi per l'individuazione del promesso sposto hanno contribuito, secondo l'ad, «la crisi greca, la Cina e anche la valutazione Srep» della Bce. I corteggiamenti, infatti, potranno entrare nel vivo solo quando sarà chiaro il risultato dell'ultimo check up della banca centrale: «Siamo in attesa di ricevere la bozza di comunicazione» sulla cosiddetta verifica Srep e «se saranno rispettati i tempi la decisione finale sarà presa entro l'anno», ha spiegato Viola. Il test sulla valutazione dello stato di salute della banca messo a punto da Francoforte viene infatti inviato al management che offre le sue controvalutazione prima di arrivare alla decisione finale.
Nel frattempo, per ridurre i crediti in sofferenza «frutto di una politica sbagliata» avvenuta in passato, Mps guarda alla trattativa in corso tra il Tesoro e la Commissione Ue sulla costituzione di una bad bank .
«Numeri ancora non ce ne sono e quelli che girano vanno letti con prudenza», ha sottolineato Viola. Al termine dell'assemblea il banchiere ha poi annunciato che Mps potrebbe aumentare i 5 miliardi di npl messi sul mercato e previsti dal piano industriale, «ma non abbiamo ancora deciso di quanto».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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