Un mondo senza fumo. A prevederlo è Eugenio Sidoli, ad Philip Morris Italia che, proprio in vista di questo traguardo, sta cambiando pelle. «È in corso una rivoluzione che porterà all'abbandono delle sigarette a favore di prodotti meno dannosi per la salute che non bruciano tabacco e dunque non producono fumo» racconta il manager al Giornale. Eliminando la combustione si rimuove la fonte dei principali danni causati dalle sigarette. «Per 150 anni l'industria del tabacco è rimasta immutabile, ferma sugli stessi prodotti e processi produttivi. Oggi è in discussione il modello di business: prodotto, ciclo produttivo e anche la rete commerciale che, con i nuovi strumenti digitali, non può restare confinata alle tabaccherie ma ha bisogno di spazi diversi».
Largo quindi a boutique dedicate, una ventina circa in Italia, dove capire come funzionano i rivoluzionari apparecchi; spazio a coach personali, a chat e call center per risolvere gli eventuali dubbi o i primi impacci col prodotto. E, infine, a una app che, nel giro di due ore, recapita nelle maggiori città italiane IQOS, l'apparecchio brevettato da Philip Morris che riscalda il tabacco senza bruciarlo. Per il cliente il piacere, o se si preferisce il vizio, rimane, ma è meno dannoso per la sua salute e per quella di chi gli sta intorno rispetto alla classica bionda. «Gli studi clinici mostrano che i biomarcatori misurati nei fumatori passati all'IQOS si avvicinano molto a quelli osservati nei fumatori che hanno smesso per la durata dell'analisi» racconta Sidoli. Per il territorio invece la metamorfosi in corso può portare nuove occasioni di lavoro. Quanto allo Stato infine, nessun rischio, i flussi continueranno abbondanti: le accise sui nuovi prodotti pesano per il 30% oltre l'Iva, la metà rispetto alle sigarette combustibili (al 59%), ma sempre tre volte tanto le imposte sugli altri tabacchi non da fumo (ad esempio quello da fiuto).
L'Italia, in questo scenario, è all'avanguardia. A Bologna, o meglio nella Valsamoggia a Crespellano, Philip Morris ha investito, negli ultimi cinque anni, circa un miliardo di euro per dare vita a un polo in grado di produrre 55-60 miliardi all'anno di "heatstick" di tabacco, le ricariche per IQOS) destinate ai negozi italiani e alle vetrine di buona parte del mondo in cui la trasformazione è in atto (al momento le fabbriche in via di conversione sono 3 su 48). Non solo: «Il centro tecnologico 4.0 di Bologna è stato preso come modello di produzione per la trasformazione delle aziende estere. Una scelta che porterà a un incremento dell'indotto sull'intero territorio, a iniziare dalle eccellenze manifatturiere che sono nostre partner», dice Sidoli.
Per ora IQOS ha già convertito in Italia oltre 250mila degli 11,7 milioni di fumatori adulti, e nel mondo ha convinto quasi 7 milioni di persone a spegnere l'ultima sigaretta. «Ci sono ancora 1,1 miliardi di fumatori nel mondo: una fetta di popolazione enorme e fortunatamente in rapida evoluzione verso prodotti meno dannosi per la salute» dice Sidoli. Per questo «altri concorrenti si stanno muovendo in questa direzione, anche se con tecnologie che offrono esperienze diverse dalla nostra. C'è spazio per tutti.
In ogni caso, godiamo del vantaggio di aver dato il via alla rivoluzione IQOS imparando rapidamente dai nostri errori» commenta Sidoli secondo cui, nel giro di qualche lustro, i soli a rimanere sul mercato delle sigarette combustibili saranno piccoli produttori locali privi delle risorse per investire in ricerca e sviluppo a cui invecePhilip Morris ha destinato, nel tempo, oltre tre miliardi di dollari.
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