Sorgenia più delizia che croce per la famiglia De Benedetti. Con il deconsolidamento della società energetica e l'accordo di ristrutturazione, Cir ha chiuso il 2014 riducendo il rosso a 23,4 milioni (dai 269 milioni del 2013) e «azzerando» la posizione debitoria da 1,84 miliardi a 112 milioni. Un finale niente male se si pensa che, per salvare la controllata elettrica, la famiglia De Benedetti non ha tirato fuori un euro, nonostante la ex genco abbia bruciato 196 milioni nel 2012 e 783 milioni nel 2013. Come se non bastasse, la società era gravata da quasi 2 miliardi di debiti. E oggi, quella cifra, è del tutto scomparsa dal bilancio 2014. Come? Con un salvataggio bancario in grande stile che coinvolge oltre 19 istituti. In merito, il 25 febbraio, il tribunale di Milano ha concesso l'omologa al piano in seguito al quale la società (53% Cir e 47% Verbund), passerà alle banche. Primo azionista con il 22% sarà Monte Paschi, seguita da Unicredit, Ubi, Bipiemme e Banco Popolare.
A conti fatti, dunque, grazie a questa mossa, la holding della famiglia De Benedetti ha potuto uscire dalle secche del caso Sorgenia senza troppi danni, ma non è riuscita a tornare in utile. A mettersi di traverso sono stati i tassi bassi, che hanno spinto il gruppo al riacquisto del bond Cir 2024, e la svalutazione di crediti non performing. Fattori che hanno generato oneri per 35,4 milioni sul bilancio 2014. Tra gli altri dati, i ricavi sono risultati stabili (+0,4%) a 2,39 miliardi: Sogefi e Kos hanno portato a casa un aumento del fatturato dell'1,1% e del 5,3%, mentre quello dell'Espresso è sceso del 6,6%. Bene, infine, l'ebitda di Cir, salito del 4,1% a 196,8 milioni grazie al miglioramento del margine dell'Espresso, e di Kos che hanno compensato il calo di Sogefi. Archiviato il caso Sorgenia, «la controllata attiva nel settore automotive - spiega un analista - è quella su cui la società potrebbe concentrare le attenzioni nei prossimi mesi». Il 2014 è stato, infatti, un anno da dimenticare per Sogefi, che in Borsa ha perso il 50% rispetto ai competitor a causa della debolezza del mercato in Sud America, di cambi e prezzi sfavorevoli, delle inefficienze in Europa e delle dimissioni dell'amministratore delegato non ancora sostituito.
«In quest'ottica crediamo che dopo la nomina - che dovrebbe arrivare a breve - il gruppo sarà oggetto di una rifocalizzazione del business. Così com'è organizzata - spiega un analista - la società ha una reddittività troppo bassa. Quindi o si passa per un'operazione di riorganizzazione, o si sceglie la via delle alleanze accompagnata a un aumento di capitale». In cassa, d'altronde, i soldi non mancano (liquidità per 370 milioni), grazie anche al Lodo Mondadori (490 milioni lordi). Aspettando dunque il ritorno all'utile nel 2015, non è previsto alcun dividendo e sullo sfondo resta sempre la possibilità che la società possa decidere l'accorciamento della catena di controllo (Cofide-Cir).
Tuttavia, un analista fa notare che «se fosse
stato un progetto a breve termine il gruppo avrebbe approfittato del voto plurimo per mantenere il controllo anche dopo la diluizione e lo avrebbe fatto entro gennaio quando bastava la maggioranza semplice in assemblea».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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