«Lavoriamo per Fonsai, non esiste un piano B»

«Lavoriamo per Fonsai, non esiste un piano B»

Sator e Palladio ricorrono all’artiglieria contro il fortino eretto da Mediobanca a difesa dell’integrazione Unipol-Mediobanca. Il piano industriale che Matteo Arpe, Roberto Meneguzzo e Giorgio Drago hanno illustrato alla comunità finanziaria poggia sull’integrazione di Milano in Fonsai e prevede di utilizzare l’aumento di capitale da 1,1 miliardi per lo sviluppo, così da arrivare nel 2105 a oltre 420 milioni di utili e a un margine di solvibilità del 160 per cento. Per il dividendo sarà invece necessario attendere il 2014.
Dal punto di vista strategico ai circa 200 analisti collegati, l’ex ad di Capitalia ha tratteggiato una Fonsai efficiente e «magra», perchè concentrata sulle polizze e sgravata dagli asset ritenuti non più interessanti dal punto di vista industriale: dalla controllata serba Ddor a Liguria-Sasa, da Banca Sai ad Ata Hotels. Probabile poi un alleggerimento dello scrigno delle partecipazioni finanziarie che oggi lega Fonsai alla grande finanza italiana: Mediobanca, Pirelli, Alitalia, Rcs, Generali e Unicredit. Da rivedere comunque l’asse con il Banco in Popolare Vita e quindi il presidio nella bancassurance.
Fonsai «è una buona società, con un potenziale in attesa di venir liberato», ha detto Meneguzzo aggiungendo di puntare a una «governance semplice, effettiva e con un sistema indipendente». «La nostra proposta per Fonsai punta a liberarla da una cattiva governance e da un’operazione peggiore», ha rimarcato Arpe stigmatizzando la complessità del piano preparato dagli avversari di Unipol per arrivare a una fusione a quattro con Premafin, Fonsai e Milano Assicurazioni. L’anello debole sono i debiti di Premafin, per questo i due fondi di private equity eslcudono a priori da qualsiasi progetto di intregrazione per la holding dei Ligresti: «Non vediamo alcuna fusione di Premafin in Fonsai nemmeno a fine piano, non la consideriamo nell’interesse di Fonsai», ha detto Arpe. L’affondo con gli analisti rientra nel pressing con cui Sator e Palladio stanno tentando di costringere Premafin e le banche creditrici a cedere alla propria proposta malgrado esista un vincolo di esclusiva tra i Ligresti e il gruppo di Carlo Cimbri. E a riprova della sua determinazione, Arpe ha ribadito di non disporre nè di «piano B nè di una exit strategy» qualora la linea adottata fallisse. «Speriamo che Premafin consideri la nostra offerta. Oggi la nostra unica opzione è questa», ha proseguito il banchiere specificando di non essere in contatto con alcun cavaliere bianco industriale. Arpe è inoltre convinto che l’esclusiva tra Premafin e Unipol sia «una questione molto giuridica, tutta italiana» e che verrebbe a decadere alla prima modifica del piano originario tratteggiato con Unipol. E quindi è «solo una questione di tempo». Il business plan Sator-Palladio punta tutto sull’area di elezione dei Danni, con una riduzione della loss ratio al 73% entro il 2015 contro l’87,2% del 2011 ( oggi è 75,2%) . Arpe e Meneguzzo promettono poi di ridefinire la struttura dei compensi agli agenti e di tagliare i costi.

Il piano riordina anche la situazione debitoria di Premafin: 150 milioni sarebbero fatti confluire in un veicolo, 100 milioni sarebbero ripagati e 150 milioni riscadenzati. Oggi comunque Premafin dovrebbe ricevere la «confort letter» con cui le banche creditrici si impegnano a riscandenziare il debito nell’ambito del progetto Unipol.

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