Economia

L'Europa dà l'ok ai Monti bond e mette sotto esame il piano Mps

A febbraio il prestito da 3,9 miliardi. Poi ci saranno sei mesi per valutare con la Ue eventuali integrazioni. La Fisac rompe sugli esuberi, ma la banca chiuderà lo stesso

L'Europa dà l'ok ai Monti bond e mette sotto esame il piano Mps

Il cantiere per la ristrutturazione di Mps tramite i Monti Bond può iniziare. Ieri la Commissione Ue ha dato l'ok all'utilizzo di 3,9 miliardi di obbligazioni governative con cui la banca senese sostituirà i vecchi T-Bond (1,9 miliardi) e porterà sopra il 9% il Core Tier One, centrando le richieste patrimoniali dell'Eba: l'emissione dovrebbe avvenire a febbraio dopo l'assemblea straordinaria. Repentina la reazione di Piazza Affari, dove Mps ha chiuso in rialzo del 6,1% a 21,6 centesimi per una capitalizzazione di 2,52 miliardi.
L'ok della Ue è però subordinato alla presentazione entro sei mesi del piano industriale formulato dall'ad Fabrizio Viola per rilanciare l'istituto. Il documento sarà quindi ora oggetto di incontri quadrilaterali tra Mps, Bankitalia, il Tesoro e la Commissione Ue che potrebbe chiederne un aggiornamento.

Il progetto prevede risparmi sul costo del lavoro per 300 milioni, grazie alla esternalizzazione del back office, e la chiusura di 400 filiali (-186 milioni di spese amministrative). Quanto agli esuberi, dopo numerose frizioni, ieri all'auditorium di viale Mazzini a Siena è iniziata una maratona negoziale di tre giorni tra i sindacati e la responsabile delle risorse umane Ilaria dalla Riva. L'obiettivo è firmare l'accordo entro giovedì: il progetto originale prevedeva che i dipendenti destinati a uscire dal perimetro fossero 2.360, ma se sarà trovata l'intesa gli «esternalizzati» si ridurrebbero a 1.100, mentre per i restanti si aprirebbe lo scivolo del Fondo esuberi. I sindacati vogliono poi che la banca garantisca un paracadute a ogni addetto esternalizzato, così da evitare problemi se la newco decidesse in un secondo momento di tagliare il personale. Intorno alle 5 del pomeriggio si è tuttavia consumata la rottura della Fisac, che ha lasciato il tavolo delle trattative. Le delegazioni Fabi, Fiba, Uilca, Sinfub e Dircredito hanno il quorum per procedere da sole (la norma Abi prevede che gli accordi sono validi se i firmatari rappresentano almeno il 55% degli addetti) e Mps vuole arrivare alla firma, ma l'addio della Fisac pesa. Il sindacato rosso ha il 25% dei suffragi a Rocca Salimbeni, un'incognita sull'effettivo accesso al fondo esuberi (volontario) del personale interessato.

Lo strappo della Fisac è in sintonia con quanto accaduto in Ubi e alla linea del «no» della Fiom di Maurizio Landini contro Fiat, ma quella di Siena è anche una disfida politica: nelle contrade non è passato inosservato come alcuni esponenti di spicco della sigla siano legati alla corrente «La Cgil che vogliamo» di Domenico Moccia, a sua volta vicina alla parte del Pd senese che osteggia la ricandidatura al Comune di Franco Ceccuzzi, uno degli sponsor dell'avvento alla presidenza di Alessandro Profumo.

Mps dovrà poi pensare alle previste minusvalenze provocate dai derivati a copertura dei 23 miliardi di Bot e Btp chiusi in cassaforte (per cui è già stata aumentata la dotazione dei Monti Bond da 3,5 a 3,9 miliardi) e alla cedola dei vecchi T-Bond (8%) che costerà a Mps altri 170 milioni di Monti Bond. A quel punto lo Stato avrà prestato a Mps 4 miliardi e la somma aumenterà se Viola non riuscirà a riportare in utile il bilancio 2013 (i Monti bond prevedono un interesse del 9%).

Ecco perché è centrale la ricerca del socio industriale condotta da Profumo: si ragiona su un aumento di capitale da 1 miliardo, che finirà per ridurre definitivamente al ruolo di comprimario la Fondazione Mps, oggi ancora azionista di riferimento con il 36 per cento.

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