
Gentile Direttore Feltri,
ho letto la notizia relativa all'apertura di una indagine bizzarra da parte della Procura di Siracusa, e poi ci lamentiamo che i tribunali sono ingolfati e la giustizia lenta, suo malgrado. Si sospetta e si ipotizza che i famosi bronzi di Riace, di Riace, puntualizziamo, appartengano in realtà a Siracusa e alle sue acque e che siano stati sottratti, rubati, trafugati, poco prima del loro ufficiale ritrovamento, naufragando davanti alle coste calabresi, dove poi sono stati ripescati. A cosa si mira esattamente? Ho il sospetto che si voglia infliggere alla città di Reggio Calabria, dove le celebri sculture dimorano da diversi decenni, e ai reggini, l'ennesima ingiustizia, in nome di una giustizia postuma che vorrebbe riscrivere la storia.
Lei cosa ne pensa?
Giuseppe Romeo
Caro Giuseppe,
conosco bene lo spirito dei reggini e so bene che si sono sentiti troppe volte defraudati e addirittura derubati, ad esempio, quando il capoluogo di Regione è stato trasferito a Catanzaro. Fu quello un periodo di scontri e di proteste. E i reggini si percepirono non solo privati di qualcosa che gli apparteneva ma, cosa ben più grave, addirittura ingannati. Questo senso di ingiustizia resta inciso nella mentalità collettiva di un popolo, anche in quello reggino. I Bronzi di Riace rappresentano un bene dell'Italia e dell'umanità intera, ci raccontano il nostro umanesimo, la nostra sapienza, le nostre radici, la nostra grandezza, ma essi hanno e devono avere una unica casa, il Museo della Magna Grecia di Reggio Calabria, sito nel cuore della città, a due passi da quel mare dove le statue degli eroi sono state ritrovate e riportate a galla. Si è parlato anni fa di spostare queste sculture, facendole viaggiare in lungo e in largo all'interno di musei itineranti, una proposta che bocciai, perché si tratta di opere d'arte molto antiche, risalenti al V secolo a.C., non facili da muovere non solo per la mole e la pesantezza ma anche perché devono permanere in un ambiente che mantenga una certa temperatura che ne preservi l'integrità. Sono i turisti a dovere fare visita agli eroi in bronzo e non il contrario. Noi vediamo due colossi, ma i bronzi sono fragili. Sono vecchi. Muscolosi, potenti, maestosi, ma pure anziani e frangibili. Ti rassicuro, nessuno porterà via i Bronzi di Riace da Reggio Calabria. E questa indagine è un buco nell'acqua del mar Ionio. Ipotizzare che le statue fossero a largo di Siracusa prima del 1971, anno del ritrovamento a Riace, sulla base del racconto lacunoso e incerto di un bimbetto dell'epoca che avrebbe visto chissà cosa è una perdita di tempo, una attività vana. Mancano le prove, mancano i testimoni, eppure si vorrebbe ricreare una nuova verità storica sul nulla. E poi questo vizio di metterci sempre dentro la mafia: un boss mafioso avrebbe fatto ripescare le statue nelle acque siciliane per trafugarle e poi, a causa di un naufragio, esse sarebbero di nuovo cadute in mare come millenni prima o sarebbero state abbandonate per sfuggire ai controlli di polizia. Ma chi ci crede? Portare a galla simili opere non è operazione agevole, richiede l'impiego di mezzi di un certo tipo e di parecchi uomini competenti. Essa avrebbe catturato inevitabilmente l'attenzione della guardia costiera che presidia la costa, sia le acque territoriali che l'alto mare. Non sarebbe stato possibile.
I magistrati dovrebbero occuparsi di altro, per queste cose ci basta e ci avanza Alberto Angela.
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