In Italia le vendite di auto sono crollate pesantemente e non è un mistero. A soffrire, però, non sono solo i costruttori, ma è tutta la filiera. E a rischiare maggiormente, in questo momento, è l'ultimo anello della catena: il concessionario.
«In Italia - avverte Romano Valente (Unrae) - sta chiudendo un dealer al giorno». «Ben 220mila persone della filiera resteranno senza lavoro nel silenzio completo di questo governo», non smette di ricordare Filippo Pavan Bernacchi, presidente di Federauto (l'associazione dei concessionari).
Tra gli imprenditori della distribuzione c'è chi - come Andrea Benso, 49 anni, due figlie piccole - proprio a causa di questa crisi, ma anche per aver confidato troppo, in passato, su una situazione rosea, si è visto crollare il mondo addosso. Da padrone, erede di una tradizione nella vendita di auto a Ostia e dintorni, avviata dal padre, Giovanni, è stato così costretto a cedere l'azienda al gruppo Carpoint di cui è diventato collaboratore nel marketing.
«Papà - spiega Benso, che era titolare della concessionaria Ford Lidauto - si è ritirato nel 2009, e tutto quello che ha creato è passato di mano. Ha comunque compreso le difficoltà a cui siamo andati incontro: il mercato è cambiato di botto. Nel 2006 si vendevano 2mila modelli l'anno per un fatturato di una quarantina di milioni, nel 2011 le consegne sono state neppure la metà. L'errore che si è fatto nel periodo d'oro è stato di guardare di più alla crescita dei ricavi per gestire meglio la struttura dei costi. Invece, si sarebbe dovuto badare di più al taglio drastico dei costi».
L'azienda di Benso è comunque riuscita a evitare che i 50 dipendenti finissero sulla strada. Una ventina sono stati riassorbiti dal gruppo Carpoint, per gli altri si è ricorso alla cassa integrazione e alla mobilità.
«Nella gestione della crisi la casa madre ci ha aiutati - aggiunge -; il problema è stato con la finanziaria Ford Credit a causa di nostri ritardi nei pagamenti. E quando un dealer entra in difficoltà scattano le regole di Ford Credit Europa. A quel punto i blocchi ai finanziamenti sono arrivati anche dalle banche. Purtroppo sono stati proprio gli istituti di credito del territorio i primi a chiuderci la porta in faccia. Se nel 2010 fossero arrivati altri incentivi alla rottamazione avremmo potuto riprendere fiato. Invece...».
A stare peggio, dice Benso, sono comunque i concessionari che operano nelle grandi città (« se non si hanno certe dimensioni, i costi da sostenere diventano molto pesanti»).
Ma l'imprenditore laziale punta il dito soprattutto sul sistema bancario: «Se le banche ci danno fiducia, il settore si può riprendere. In caso contrario affonda». Senza dimenticare l'obbligo, da parte del concessionario, di assecondare le richieste d'investimento che arrivano dalla casa madre: nuovi pavimenti e arredamenti uguali per tutti, per esempio. «Non ci si può opporre - continua Benso - perché fanno parte dei requisiti di qualità». Intanto il dealer romano si sta abituando al ruolo di sottoposto e ad attendere, ogni mese, la busta paga.
«Ho sacrificato buona parte del mio patrimonio per affrontare la crisi - osserva - ma non mollo. Lo Stato pensi a una nuova rottamazione, ma che sia strutturale e non mordi-e-fuggi. Intervenga inoltre con decisione sulle banche: devono sostenerci».
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