L'Italia dei distretti crescerà del 2,5%

Gomma del Sebino, pelli di Firenze e dolci di Cuneo in vetta. Ma incombe il rischio politico

L'Italia dei distretti crescerà del 2,5%

La gomma del Sebino bergamasco, la pelletteria e le calzature di Firenze, i dolci di Alba e Cuneo. Sono le tre medaglie sul podio dei distretti industriali che nel biennio 2017-18 hanno nuovamente trainato il settore manifatturiero con un balzo del volume d'affari del 7,7 per cento. Il rapporto stilato dalla direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo ha analizzato i bilanci aziendali di quasi 20mila imprese. Il vero motore che può accelerare la ripresa.

Ad ingolfarlo possono però essere le variabili politiche a livello internazionale: il trend nel 2019 è destinato a rallentare, sarà del 2,5%, perché pesa il rallentamento del ciclo economico, con la crescita che comunque dovrebbe riprendersi nella seconda parte dell'anno. «Non possiamo dire con certezza che ci sarà la ripresa ma ci sono segnali che mi fanno pensare che andiamo in questa direzione», spiega il capoeconomista di Intesa, Gregorio De Felice. Citando le tensioni commerciali fra Usa e Cina, la Brexit e le elezioni europee tra i fattori che possono aumentare l'incertezza. Potenziali disturbi o acceleratori? È difficile da prevedere, «basta un tweet e chi ha in mano il potere può sorprenderci». Ma ad aiutare una ripresa nella seconda parte dell'anno anche un atteggiamento più prudente da parte di Bce e Federal Reserve che, con un'inflazione ancora molto bassa, sono «diventate ora più pazienti», aggiunge l'economista. «Attualmente tutti gli indicatori ci dicono che siamo in una fase di rallentamento globale. Ci potrá essere una ripresa nel secondo semestre anche perché Usa e Cina hanno capito che con le tensioni ci perdono entrambi. E sono convinto che andremo verso una soluzione di queste vicende».

Ma non è lo scenario macroeconomico l'unica criticità che devono fronteggiare i distretti industriali italiani. La produttività del lavoro è salita nel 2017 a 56mila euro per addetto, il 10% in più rispetto alle aree non distrettuali specializzate negli stessi settori. Va però affrontato il tema del capitale umano, dal momento che nel 78% dei casi le aziende faticano a trovare operai specializzati e soprattutto con competenze legate alle tecnologie 4.0, anche a causa dello scarso ricorso, per le assunzioni, a canali formali quali agenzie interinali, istituti tecnici e università.

La leva da cui partire resta in ogni caso il cosiddetto capitalismo di territorio o di filiera, che non deve fermarsi. Dai dati del rapporto emerge infatti che i distretti hanno registrato una crescita di 5 punti percentuali superiore alle aree non distrettuali e mostrano una crescente presenza di capitali esteri nelle società: oltre il 63% sono investitori francesi, con un'alta partecipazione nel settore moda, e il 44% tedeschi che hanno una buona presenza sui territori con investimenti greenfield (ovvero quando un'impresa crea attività produttive ex novo).

Il 76% delle aziende distrettuali è comunque guidato da board composti da amministratori nati nella regione

di appartenenza dell'azienda. Stando alla ricerca, uno dei fattori di competitività dei distretti è la maggiore vicinanza dei fornitori ai committenti (100 km contro 118 km), con un il minimo di 56 km nei distretti orafi.

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