L'oro spera nella spinta cinese

L'oro spera nella spinta cinese

Quella vecchia volpe di George Soros si è già portato avanti con il lavoro, mettendo le mani su una quota importante della Market Vectors Gold Miners. Insomma: miniere d'oro. Proprio lui che in passato si era invece detto pronto a prendere il largo dal metallo giallo («È l'ultima bolla», disse), quando tutti scommettevano su una sorta di rialzo infinito del lingotto. Fino a 2mila, magari anche 3mila dollari l'oncia. Le cose, invece, sono andate diversamente: l'anno scorso i prezzi hanno preso un'imbarcata del 30%, e nonostante i recenti rialzi ora non superano i 1.240 dollari.
Un fuggi-fuggi collettivo, quello dello scorso anno, amplificato dal venire meno dei timori legati alla crisi del debito sovrano e allo stato di salute del sistema bancario. I venti di deflazione e i dazi doganali imposti dall'India hanno poi messo altro piombo sulle quotazioni. Questa picchiata non è stata indolore per Bankitalia: i 108 miliardi di euro che rappresentavano il valore, a fine settembre 2012, delle oltre 2.400 tonnellate di lingotti custoditi nei caveau di Palazzo Koch si sono prosciugati di una quarantina di miliardi. E ancora peggio è andata alla Banca centrale svizzera che, a causa del crollo dell'oro, ha messo a bilancio nel 2013 perdite per 9 miliardi di franchi (7,3 miliardi di euro) e cancellato, per la prima volta nella sua vita, i dividendi e contributi ai Cantoni elvetici.
Adesso, come un novello Re Mida, Soros sembra aver fiutato che l'aria sta per cambiare. Non è il solo. Commerzbank punta a un apprezzamento almeno fino a quota 1.400 dollari. E un dirigente di BlackRock, Evy Hambro, che gestisce 8 miliardi di dollari del colosso degli investimenti, ha ricordato come l'approvvigionamento di oro sul mercato potrebbe ridursi «piuttosto rapidamente» per via dei tagli delle società minerarie agli impianti di estrazione più costosi. «Bisogna tener conto che la cifra di 1.250 dollari l'oncia - spiega Francesco Bernardini, responsabile della sezione oro di Banca Etruria - rappresenta appena il punto di pareggio per le società di estrazione, motivo per cui l'attività sta subendo un rallentamento».
Ciò dovrebbe sostenere nel 2014 il valore dell'oro sui mercati. Ma solo in linea teorica. Le previsioni degli esperti non sono infatti univoche. La Federal Reserve, per esempio, avrà un ruolo non trascurabile: se il processo di rientro dalle misure di liquidità straordinarie verrà completato entro l'anno, i tassi d'interesse e il dollaro tenderanno a salire, prevedibilmente con un impatto negativo sulle quotazioni del metallo giallo, destinato a diventare meno attraente. Altri analisti, inoltre, temono un dejà vu: ovvero, la conferma di quella tendenza a liquidare i portafogli che l'anno scorso ha fatto scendere al valore più basso dal 2009 gli asset degli Etf sull'oro (-33%).
Sull'altro versante, vi sono però motivi che avvalorano la tesi di un rilancio del metallo giallo.
A cominciare dalla domanda proveniente dall'Asia, e in particolare dalla Cina. Alcune stime collocano la richiesta da parte del Dragone a 2.600 tonnellate, più dell'intera produzione annua mondiale. E un'altra spinta potrebbe arrivare dall'India, che ha ventilato il ritiro in marzo delle restrizioni sulle importazioni, e dalle banche centrali, che negli ultimi 3-4 anni sono state acquirenti nette di oro.


Come Soros, anche il suo socio nel Quantum Fund, Jim Rogers, aspetta di passare all'incasso: con il denaro messo in circolazione dalle politiche monetarie quantitative «l'oro è un buon posto per proteggersi». Insomma, di nuovo un bene rifugio. «Attenzione - avverte Bernardini - bene rifugio non significa investimento sicuro, ma un paracadute contro eventi estremi da inserire in un portafoglio diversificato».

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