Quel lungo amore degli Agnelli per la Francia

I casi Perrier e Danone, la «scoperta» di Platini e il «no» di De Gaulle alla vendita di Citroën

di Tony Damascelli

Avrebbe potuto scegliere la Chiesa di San Pietro in Vincoli a Villar Perosa o il Duomo di Torino. Gianni Agnelli e Marella Caracciolo andarono sposi nel castello di Osthoffen, dunque eravamo e siamo in Francia, nel sito di Strasburgo. Perché, per l'Avvocato e gli altri membri della famiglia, la Francia era una regione del Piemonte e non viceversa. Un parco di divertimento e di investimenti, il più vicino, il più simile alle abitudini del patriarca e dei suoi parenti. Mille, allora, i legami, di affetto e di imprenditoria, tra gli Agnelli, la Fiat e le finanziarie del gruppo, con il territorio transalpino. Lo stesso Gianni Agnelli, scelse di celebrare il proprio fatidico anniversario dei settanta nel luogo meno istituzionale ma più fascinoso, dunque Chez Maxim's a Parigi, dove aveva e ha un domicilio splendido, con una finestra che si apre sul cortile dell'Eliseo, nell'ottavo arrondissement. Fu questo un'altra fotografia del tour d'Italie e de France che spiega la relazione del gruppo con l'Etoile.

Lo stesso Umberto Agnelli fu presidente di Fiat France, i fratelli, come il resto dei familiari, parlavano un fluente, perfetto francese, così come oggi John Elkann, il cui nonno, padre di Alain, Jean-Paul Elkann, parigino, banchiere e industriale rabbino, presidente di Caron e Christian Dior, ebbe rapporti professionali con il gruppo torinese.

Era il Novantuno quando la Fiat, attraverso l'Ifint, aumentò la partecipazione nella Exor, che allora era una holding francese, per arrivare al controllo della Perrier della famiglia di Corinne Mentzelopoulos, una potenza mondiale delle acque minerali. Crebbe pure l'interesse, del gruppo torinese, per Danone, l'industria alimentare presente in ogni parte del mondo e ancora nella grande distribuzione con l'acquisto di Auchan o nella storica casa vinicola Chateau Margaux, il gruppo alberghiero Accor, con la creazione di Sifa (società italofrancese di alberghi) Sofitel, Novotel, Ibis e, inoltre, nel Club Mediterranée. Trattavasi sempre di tricolore.

Non era una moda, nemmeno un capriccio anche se l'Avvocato preferiva trascorrere le sue vacanze in Corsica a Calenzana (Calvi) nella villa, che è un convento del Sedicesimo secolo con una vigna storica, descritta da donna Marella nel libro «Ho coltivato il mio giardino», una dimora poi passata in eredità alla figlia Margherita. O, ancora, nella casa di Beaulieu, dunque luoghi di ritiro e di piacere, come la dolce vita e la vita dolce di Gianni Agnelli in Costa Azzurra nei favolosi anni Cinquanta e Sessanta, con l'incidente di Cap Ferrat che gli costò la menomazione alla gamba.

Vennero poi gli anni dell'amore per il calcio francese, fino allora evitato e snobbato, preferendogli i campioni del Regno Unito, del Nord Europa e del Sudamerica. Michel Platini innanzitutto, scoperto in televisione durante una partita tra Francia e Italia a Parigi e prenotato dallo stesso Avvocato con una telefonata, la sera stessa, al direttore de L'Équipe, Eduard Seidler, appassionato di automobilismo (autore di libri sulla Renault), al quale Agnelli chiese notizie sul contratto e la possibilità di ingaggiare il campione del Saint Etienne.

Arrivarono poi Dedchamps e Zidane, il vezzo di parlare in perfetto francese con i propri dipendenti.

Non fu sempre douce France.

Il generale De Gaulle bloccò la vendita di Citroën quando ormai l'accordo, su proposta di Umberto, stava per essere siglato da Gianni. Il generale chiuse la trattativa con una frase storica: «Impossible! Citroën c'est la France». Per fortuna di Fca, Emmanuel Macron non è un generale.

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