Mediobanca, Nagel certo: «Nessun aumento anche se lo farà Generali»

A Mediobanca l'aumento di capitale non serve. Anche se le Generali avessero bisogno di chiedere risorse al mercato per eseguire il nuovo business plan del ceo Mario Greco, Piazzetta Cuccia potrebbe seguirlo tranquillamente. Certo, è un'ipotesi congetturata dagli analisti, ma Alberto Nagel nella conference call di presentazione dei risultati del terzo trimestre ha voluto specificare che il problema non si pone. «Non c'è un effetto automatico tra i due fenomeni, tra le due situazioni in Generali e in Mediobanca», ha detto l'ad di Piazzetta Cuccia.
Tuttavia, proprio Nagel ha ribadito quanto già annunciato nel corso dell'assemblea di bilancio di sabato scorso: il nuovo piano strategico dovrebbe essere pronto non prima di giugno 2013. «Penso - ha spiegato - che finiremo il nostro esame strategico verso la metà del prossimo anno e a quel punto saremo anche nella posizione di illustrarla al mercato». Il vero focus sarà: l'ottimizzazione del costo del funding (vista l'incertezza sui mercati), il taglio dei rami secchi (come il leasing) e l'esplorazione di eventuali opportunità (anche se l'M&A ora è solo un costo).
Coincidenze, ma fino a un certo punto: il nuovo piano arriverà dopo quella delle due partecipazioni strategiche. Generali infatti varerà il nuovo business plan all'inizio dell'anno prossimo, mentre della «nuova» Rcs targata Scott Jovane si saprà tutto intorno a Natale, aumento incluso. Nagel è stato chiaro («La società non resterà sola in mezzo al prato») e anche un azionista storico come Fiat ha risposto presente all'appello. «Se ci sono piani credibili, faremo la nostra parte», ha annunciato ieri John Elkann, sgombrando il campo dai rumor che evidenziavano una certa “disaffezione“ del Lingotto per il Corriere.
Se l'impegno in Via Rizzoli dovrebbe comunque essere limitato (nella peggiore delle ipotesi un centinaio di milioni di euro), quello che conta veramente è il Leone. Ma soprattutto come si presenterà all'appuntamento del 2014 con la put concessa a Petr Kellner sul 49% di Ppf, una spada di Damocle del valore di almeno di 2,5 miliardi. In riva all'Adriatico e, soprattutto, a Piazzetta Cuccia sono convinti che per quella data tutta l'allocazione del capitale avrà consentito a Generali di sprigionare le proprie potenzialità.
A partire dalle dismissioni degli asset non strategici. Ieri il closing della cessione dell'israeliana Migdal per 705 milioni. Poi seguirà la Bsi (e forse anche alcuni asset Usa). Il secondo pilastro dell'azione già delineata da Greco sarà il focus sull'attività assicurativa, soprattutto sui mercati storici come Italia e Francia. Nel 2014 la «cura Greco» potrebbe aver già funzionato senza bisogno di chiedere quei 2,5 miliardi al mercato.
Discorso diverso per Basilea III.

Se la normativa nella sua stesura definitiva le imporrà (in quanto conglomerato finanziario) di alleggerire l'esposizione su Generali scendendo dal 13,2 al 10%, bisognerà vendere o comunque collocare la partecipazione sul mercato. Ci sarà una plusvalenza ma anche un grosso rammarico: tra dividendi e valore di carico bassissimo, nulla potrà sostituire il Leone nel portafoglio di Mediobanca.

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