Gli unici a credere al taglio delle tasse di Matteo Renzi sul taglio delle tasse sono quelli che le tasse le vogliono. Un partito delle tasse poco trasversale, nel senso che è tutto dentro il partito del premier.
L'ex capogruppo Roberto Speranza aveva dato il «la» domenica scorsa dicendo che il Pd dovrebbe avere il coraggio di riconoscere il ritardo accumulato (dal governo) sulla lotta all'evasione. Ieri l'ex segretario Pd Guglielmo Epifani ha tirato le orecchie al premier con tesi identiche: «Non ha nominato la lotta all'evasione».
Giudizio positivo solo da Piero Fassino, sindaco di Torino e presidente dell'Anci. La sua tesi è: giusta l'eliminazione della Tasi, ma bisogna abolire il Patto di stabilità interno. Era un impegno di Renzi, ma è difficile che il premier decida di allargare i cordoni proprio ora che si è lanciato in una promessa impegnativa.
L'attacco più duro al premier è arrivato da Vincenzo Visco. Durissimo. Parte dal solito «non c'era un riferimento alla lotta all'evasione» nel discorso di Renzi alla direzione Pd. Poi spiega che eliminare le imposte sulla abitazione principale «è ingiusto e inaccettabile politicamente». Il motivo è che «le prime case non sono tutte uguali». Per fare un esempio ha paragonato la sua abitazione con quella di Silvio Berlusconi. «La mia casa a Roma vale circa un milione, la villa di Arcore ne varrà 10 e un appartamento in periferia vale 100 o 200mila euro».
Visco ha ancora una notevole influenza nel mondo dei democratici pre-Renzi. Infatti ieri Pier Luigi Bersani si è subito accodato all'ex ministro delle Finanze, ribattezzato «Dracula» dalle opposizioni di centrodestra. Poi ci ha messo del suo: «Non si vorrà certo tirare la volata al modo della destra!». E così ha ammesso che la politica fiscale, per la sinistra, consiste nel colpire ceti sociali che non votano per la sinistra. Reminescenze del partito «stato dentro lo stato», che si faceva regole su misura.
Ma non c'è solo la politica. Da un paio di settimane arrivano bordate al governo anche dall'amministrazione finanziaria. Il direttore dell'Agenzia delle Entrate Rossella Orlandi ha attaccato il governo sulla vicenda dei dirigenti la cui nomina è stata annullata. «Abbiamo bisogno di un concorso. Non vorrei che anche quello previsto dal decreto delegato, come i precedenti, misteriosamente non arrivi alla fine», ha detto.
È di ieri un lungo servizio del Corriere della Sera dove si stima che il lavoro perso a causa della mancata conferma degli 800 dirigenti è costato un miliardo di euro alle casse dello Stato in mancati recuperi. Colpa della valanga di ricorsi, che paralizzano gli uffici del fisco.
Dall'altra parte della barricata, i diretti interessati vedono un film completamente diverso.
L'Associazione nazionale dei commercialisti ha registrato un boom di comunicazioni preventive sugli studi di settore (anche questi teoricamente in via di abolizione). La carenza di personale non ha impedito all'Agenzia di concentrare gli avvisi in un periodo caldissimo per i commercialisti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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