Mirafiori strappa la Giulia agli Usa e Pomigliano avrà il «Pandone»

Mirafiori strappa la Giulia agli Usa e Pomigliano avrà il «Pandone»

Si parla tanto di Pomigliano, del «travaso» di operai deciso da Sergio Marchionne per rispettare la sentenza dei giudici e che ha scatenato il pandemonio, ma sembra essere passato in secondo piano - nel senso che c'è stato un calo di attenzione mediatica e da parte dei sindacati - il vero problema dal quale dipenderà il futuro degli stabilimenti Fiat in Italia.
Le settimane e i mesi corrono e nulla, ancora, è stato deciso o almeno ipotizzato sugli interventi che il governo è chiamato a fare per favorire le esportazioni. Un tavolo è stato aperto al ministero dello Sviluppo e, a detta dei partecipanti, si sta lavorando. Di risultati concreti, per ora, non si hanno però notizie. Questo per dire che buona parte del piano per l'Italia (17 nuovi modelli entro il 2016) è basato sull'export (più del 15% della capacità degli impianti) e senza risposte rapide da Roma c'è il rischio che ci si rimetta mano.
Intanto, mentre si attendono notizie dal ministro Corrado Passera, si cominciano a sistemare i tasselli del nuovo mosaico di modelli presentato da Marchionne. L'Italia, di fatto, viene divisa in due: al Nord (Mirafiori e Grugliasco) nascerà il polo del lusso, incentrato su Alfa Romeo e Maserati; al Centro-Sud, tra Melfi, Pomigliano e Cassino, i poli «500», «Panda» e per lo sviluppo di auto su una piattaforma già condivisa con Chrysler. Il polo del glamour, nel primo caso, e quella della famiglia di modelli più popolari, nel secondo. Il polo Mirafiori-Grugliasco, in proposito, sarebbe riuscito a strappare la produzione dell'Alfa Romeo Giulia al Canada. Sempre qui sarà realizzata la nuova ammiraglia del Biscione (ex 164). A Melfi, in Basilicata, dalla piattaforma Punto nasceranno la Fiat 500X e la gemella con il marchio Jeep. Più complessa la situazione a Cassino, dove l'unico modello che continua a tirare è l'Alfa Giulietta. Per l'impianto laziale Marchionne dovrà essere più chiaro, visto che l'erede dell'attuale Delta seguirà le orme della Thema e del Grand Voyager, cioè sarà una Chrysler di segmento C-D (la futura «100») che in Italia sarà commercializzata come Lancia, sempre che il ritorno economico lo consenta. Per il glorioso marchio automobilistico torinese nei giorni scorsi Marchionne ha fatto capire che la fine potrebbe non essere lontana.
Restando ad Atessa (Sevel Val di Sangro) i veicoli commerciali, ecco ora Pomigliano d'Arco, con la coda di veleni e polemiche seguita alla sentenza della Corte d'appello sul ricorso della Fiom per la riammissione di 145 operai, 19 dei quali entro 45 giorni dal recente verdetto.
Per Pomigliano il Lingotto ha tempo fino al 15 luglio prossimo per trovare una soluzione di rafforzamento della produzione. A metà luglio, infatti, scadrà la cassa integrazione per gli operai che attendono di essere riassunti. E se la situazione del mercato non dovesse migliorare, per queste persone si prospetta il peggio: due anni di mobilità e il licenziamento. Viste le stime negative per il 2013, urgono soluzioni. La prima potrebbe arrivare dallo stop, previsto a fine anno in Polonia, alla produzione della vecchia Panda. Non è un mistero che il modello più economico ha dato fastidio a quello nuovo. «Da qui una buona possibilità di recupero», afferma Giovanni Sgambati (Uilm Campania).

Ma per Pomigliano si prospetta anche la produzione di un «Pandone», Suv sulla falsariga della 500X di Melfi, mentre restano aperte le strade di affittare una linea a un partner estero. Potrebbe essere Mazda, per la sua futura Mazda1 (ipotesi messa in conto dai diretti interessati), anche se a fare concorrenza ci sono Ford e i Paesi «low cost».

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