Mondadori fa profitti e dopo otto anni ritorna al dividendo

Utile a 33 milioni. E ora Mauri punta a crescere anche nell'editoria professionale

Mondadori fa profitti e dopo otto anni ritorna al dividendo

Mondadori torna alla cedola nel 2019, dopo otto anni, distribuendo un dividendo di 6 centesimi per azione, grazie alla crescita dell'utile del 62% a 33,1 milioni di euro. Stabili i ricavi a 884,9 milioni (-0,7%, ma +1% a perimetro omogeneo), mentre il mol sale del 12,2% a 87 milioni.

In miglioramento il debito, passato a 55,4 milioni rispetto ai 147,2 milioni al 31 dicembre 2018, per effetto della cessione di Mondadori France, pari a 62,8 milioni.

Soddisfatto l'ad della società Ernesto Mauri che ha sottolineato come il maggior azionista, Fininvest, non ha assolutamente sollecitato la distribuzione del dividendo. «L'abbiamo fatto perché siamo in una condizione di redditività», ha spiegato Mauri. Quanto alla crescita futura, Mondadori, che ormai vede la maggior parte dei ricavi provenienti dall'attività libraria, ritiene opportuno di crescere ancora in questo settore. «Siamo molto forti nella scolastica - ha detto Mauri - da cui proviene il 60% del fatturato nei libri; ora vogliamo crescere anche nella formazione e nell'editoria professionale, perché prevediamo che ci sarà un'espansione ulteriore come già avvenuto in questi ultimi anni. Si tratta di settori con la forte presenza di piccoli imprenditori e attività». Mondadori, in questa chiave, può dunque diventare un aggregatore di aziende, che possono portare un fatturato interessante e un'ottima redditività.

Per l'anno in corso Segrate aveva previsto ricavi in leggera contrazione ma con margini e utile netto in crescita, atteso a 35-38 milioni di euro, e cash flow in miglioramento a 55 milioni. Su questi dati, però, pesa l'emergenza coronavirus. «Questo fatto induce alla prudenza, e in un momento come questo non è il caso di affrettare la nostra strategia di sviluppo». Mauri ha tenuto a sottolineare che, comunque, il coronavirus non impatta sul business del settore scolastico e che la chiusura delle librerie viene, almeno in parte, supplita da un buon aumento delle vendite online di libri, cresciute del 50%. Mentre la raccolta pubblicitaria per i magazine, che subirà certamente un impatto, rappresenta ormai un'entrata marginale.

Quanto alle dismissioni, l'ad ha assicurato che dopo il sostanzioso pacchetto di cessioni di riviste dello scorso anno, tra cui Panorama, non sono previste altre operazioni. «Le grosse operazioni le abbiamo fatte - ha precisato -; i brand rimasti hanno una forte componente digitale o sono molto forti dal punto di vista delle vendite e della redditività».

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