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Non c'è stata alcuna corruzione: assolti ex vertici Finmeccanica

La Corte d'appello assolve Orsi e Spagnolini dall'accusa di tangenti estere nella vendita di elicotteri in India

Non c'è stata alcuna corruzione: assolti ex vertici Finmeccanica

Milano Tutti assolti, «perché non vi è prova sufficiente che i fatti sussistano». La Corte d'appello di Milano mette una pietra tombale sull'inchiesta del pm Woodcock che decapitò Finmeccanica, e lo fa con una sentenza dal testo singolare (l'insufficienza di prove è sparita dal codice da quasi trent'anni) che comunque segna una vittoria su tutta la linea per Giuseppe Orsi e Bruno Spagnolini, i manager travolti dall'indagine. Non c'è prova che Finmeccanica abbia conquistato appalti in India corrompendo il capo di stato maggiore: quegli appalti, come rimarca a botta calda il professor Ennio Amodio, difensore di Spagnolini, furono soltanto un grande successo del «made in Italy», tanto che lo stesso elicottero venne poi comprato anche dagli americani per trasportare il presidente Obama. Ma quel successo tricolore è stato spazzato via da una indagine e da un processo durati oltre sei anni, che hanno chiuso a Finmeccanica un mercato importante.

Era il 2011 quando i pm napoletani Henry John Woodcock e Vincenzo Piscitelli, nella loro caccia alla cricca ribattezzata P4, raccolsero le dichiarazioni di Lorenzo Borgogni, ex addetto stampa di Finmeccanica, relative agli appalti che Agusta Westland aveva vinto per fornire dodici elicotteri al governo indiano. Avendo la sede Agusta (controllata da Finmeccanica) in provincia di Varese e lo stato maggiore indiano a Delhi, non era chiarissimo quale competenza avesse Napoli per condurre l'inchiesta, ma ci volle l'intervento della Cassazione per riportare il fascicolo nella sede naturale, ovvero Busto Arsizio. Intanto la bufera aveva investito i vertici dell'azienda. A Busto, dove il fascicolo era approdato già confezionato, la Procura aveva rincarato la dose arrestando Orsi per ottanta giorni: una ingiusta detenzione di cui ora l'ex amministratore delegato potrebbe chiedere il risarcimento allo Stato.

Un valzer di contatti, di consulenze, di relazioni, il solito apparato che accompagna qualunque trattativa internazionale per appalti pubblici: questo ha portato alla luce l'indagine, ed è oggettivo che alla fine il bando d'appalto dell'esercito indiano sembrasse fatto su misura per gli elicotteri Agusta. Ma la «pistola fumante», ovvero la tangente che sarebbe stata versata a Sashi Tyagi, capo di stato maggiore di Delhi, non è mai saltata fuori: ad ammetterlo, durante la sua requisitoria al processo d'appello, era stato lo stesso procuratore di Busto Arsizio, Gianluigi Fontana: «Questo è un processo indiziario», aveva detto. Ma la Corte aveva ugualmente condannato Orsi a quattro anni e mezzo per corruzione internazionale e Spagnolini a quattro anni. La Cassazione poi aveva cancellato tutto, ordinando un nuovo processo.

Ora la sentenza d'appello chiude la pratica, perché trattandosi di una seconda assoluzione (Orsi e Spagnolini erano stati dichiarati innocenti già in primo grado) la nuova legge impedisce all'accusa il ricorso in Cassazione.

Restano le due carriere devastate, e l'ombra - evocata in aula dalla stessa Procura - che tutto nasca anche da un complotto interno all'azienda, insofferente verso Orsi, «il manager venuto dal nord per dare una svolta al caos».

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