Nuovi sconti sul pieno Ma rispunta il rischio di cartelli tra compagnie

Eni: altri 20 cent in meno. I concorrenti si adeguano senza rilanciare. L’antitrust italiana tace, quella tedesca svela il segreto dei prezzi

Nuovi sconti sul pieno Ma rispunta il rischio di cartelli tra compagnie

C’è uno spread anche nella burocrazia. Vedi il caso delle autorità Antitrust: quelle dell’Europa povera hanno esaminato le denunce che accusa­no i petrolieri di fare cartello. L’au­thority portoghese ha risposto che non ci sono prove. Quella bul­gara: nessun segnale. Quella italia­na, per voce dell’allora presidente Catricalà: «Non siamo riusciti a provare il contrario di quello che dimostrano le aziende con studi alti come un bambino di 19 anni, cioè 2 metri». Ognuno ha le sue montagne da scalare. Sarà che i tedeschi sono più abituati all’altezza, perché ad aprile l’Antitrust di Bonn ha aper­to un’indagine e sono già circola­te scoperte piuttosto sorprenden­ti. Una lunga inchiesta del settima­nale Der Spiegel , basata su quanto stanno scoprendo i guardiani del­la concorrenza in terra di Germa­nia, ha svelato che le compagnie non hanno bisogno di fare cartel­lo nel senso tradizionale del termi­ne, cioè con accordi sottobanco. Buona parte della rete dei distribu­tori opera in franchising per conto di cinque compagnie petrolifere: Aral, Shell, Esso, Jet e Total. A Bo­chum, nel quartier generale della Aral,che ha più pompe di tutti,c’è un centro che raccoglie le circa 6.000 segnalazioni sui prezzi che vengono dai benzinai legati al marchio. In base a queste c’è un singolo operatore che, collegato in Rete, ha il potere, schiacciando un tasto, di aumentare o diminui­re il prezzo di benzina o diesel in un istante in 2.391 distributori in tutta la Germania. I distributori Aral che hanno come vicino un collega della Jet o della Total, ri­portano al quartier generale le rea­zioni degli automobilisti: se au­mentando il prezzo troppe auto fuggono verso le pompe «nemi­che », a Bochum correggono il prezzo. Per ora un simile meccanismo in Italia è da escludere, non fosse altro perché non sono molte le pompe di benzina con così effi­cienti collegamenti in Rete. E re­sta sempre vero che da noi il gros­so del prezzo dipende dalle tasse. Ma i dubbi sugli effetti che a lun­go termine potrà avere la guerra di sconti lanciata dall’Eni restano. Di certo ha dimostrato che anche da noi è possibile una maggiore concorrenza: il vero mistero, a cui l’Antitrust dovrebbe dare una ri­sposta, è come mai una simile sfi­da al ribasso non sia mai accaduta prima in Italia. Nel weekend, dice il numero uno di Eni Paolo Scaro­ni, tre milioni di automobilisti si sono messi in fila per approfittare dello sconto di 20 centesimi nei di­stributori iperself. «Estenderemo lo “scontone”fino al lunedì matti­na alle 7 - ha aggiunto soddisfatto Scaroni- e ci attendiamo di avere 5 milioni di italiani nelle nostre sta­zioni ». Esso e Q8 si erano subito ac­codate. E ora che si avvicinano le nuove partenze per il mare, i ribas­si sono una raffica: dal centesimo in meno sul gasolio di Shell ai due in meno sulla benzina di Esso. Soddisfatte le associazioni di con­sumatori, secondo le quali c’è spa­zio per ribassi strutturali (il greg­gio è sceso a 78 dollari a New York e 89 il Brent). Eni rilancia: altri 20 centesimi in meno, con benzina a 1,58 e gasolio a 1,48 euro. Secon­do l’Aci, che il 6 giugno aveva an­che patrocinato uno sciopero de­gli automobilisti contro il caro pie­no, se questo trend continuerà, a fine anno il bilancio familiare me­dio sarà alleggerito di 150 euro.

C’è un ma:la tendenza a livella­re i prezzi in realtà non è sparita. Dopo che Eni ha offerto il primo sconto di 20 centesimi, Q8 ha rilan­ciato a 21: appena sufficiente per tenere il confronto, troppo poco per strappare clienti al rivale italia­no.

E se ora tutte le compagnie ab­bassano il prezzo al livello di Eni, ma non di più, l’Antitrust che di­ce? «Questa non è concorrenza - attacca Franco Ferrari Aggradi di Assopetroli - è una manovra per far fuori i distributori indipenden­ti. E quando il mercato sarà in ma­no solo ai big, sarà peggio di ora».

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