Parte la colletta per salvare le venete

Si studia l'intervento di sistema con il Fondo interbancario

Parte la colletta  per salvare le venete

«Il fallimento delle banche venete può avere ripercussioni sul territorio, sull'Italia, sullo spread», aveva detto mercoledì l'ad di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina. Ribadendo, però, di essere contrario a un ulteriore intervento di privati: «È il modo sbagliato di partire. Atlante è intervenuto prima con 2,5 miliardi, poi a gennaio ha sottoscritto un ulteriore miliardo perché il presupposto doveva essere quello dell'intervento pubblico successivo. Le autorità devono rinegoziare con l'Europa le condizioni». Ma le trattative sul miliardo in più chiesto ai privati dalla Commissione Ue restano in stallo. Se si vuole evitare il bail-in, ha fatto sapere Bruxelles, una soluzione va trovata entro fine giugno.

E allora ecco che il Tesoro è tornato a bussare alla porta delle big Intesa e Unicredit, agitando lo spauracchio dei costi che avrebbe la liquidazione coatta di Pop Vicenza e Veneto Banca per l'intero sistema, oltreché per i piccoli risparmiatori: circa 11 miliardi l'impegno a garanzia dei depositanti attraverso il Fondo di tutela dei depositi (Fitd) rispetto a un intervento volontario pro-quota delle banche italiane per soddisfare la richiesta di quegli 1,2 miliardi chiesti dall'Ue per dare il suo via libera alla ricapitalizzazione precauzionale.

In piena corsa contro il tempo per salvare le due banche venete è arrivato il blitz sul Banco Popular del Santander, chiamato al capezzale dell'istituto spagnolo finito sull'orlo del fallimento dalla Bce, che ha comunque messo il Banco in risoluzione. Facendo pagare il conto anche a azionisti e obbligazionisti. Il caso Vicenza-Veneto Banca è diverso dal Popular ma l'operazione varata a Madrid crea uno spartiacque nella gestione delle crisi bancarie in Europa. E soprattutto ha aumentato la pressione sull'Italia. «Si sta lavorando per trovare una soluzione, qualunque essa sia», ha detto ieri Gianni Franco Papa, direttore generale di Unicredit. La situazione è fluida e non c'è ancora niente di concreto su quale sarà il veicolo da utilizzare.

Di certo non Atlante, più probabile lo schema volontario del Fitd (che si riunirà il 21 giugno). Perché l'ultimo «obolo» dovrà essere condiviso con l'intero sistema, fanno intendere da Intesa. Ma per ora, la fila davanti alla porta delle venete non si vede.

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