Un piano prudente per l'Eni del futuro

LondraEni chiude il quarto trimestre con un utile netto «adjusted» (ripulito dalle componenti straordinarie) in calo a 1,3 miliardi (-14%), ma salva la performance 2013 «ragionevolmente buona - spiega l'ad Paolo Scaroni - alla luce del difficile contesto di mercato», garantendo agli azionisti un dividendo in crescita. A preconsuntivo, il Cane a sei zampe - che ieri a Londra ha presentato i conti e il piano strategico al 2017 - ha registrato nel 2013 ricavi per 115 miliardi, in calo del 9,6%, con un utile netto di 5,2 miliardi, in aumento del 24% rispetto al 2012, ma con il dato «adjusted» in calo del 35% a quota 4,43 miliardi. Esito «della ristrutturazione dei business mid e downstream, della razionalizzazione del portafoglio e della divisione Exploration and Production che, nonostante i problemi in Libia e Nigeria, ha confermato la sua capacità di generare profitti elevati grazie ai successi esplorativi». Un fronte caldo, visto che ieri il gruppo ha annunciato di aver scoperto in Congo 1,2 miliardi di barili di petrolio e 30 miliardi di metri cubi di metano in una sua concessione.
Alla luce di questi risultati, e giudicando il contesto di mercato ancora difficile, Eni ha messo a punto alcuni obiettivi al 2017: un'attenta crescita delle attività di Exploration and Production (+3% al 2017 e +4% tra 2017 e 2023) grazie a 26 progetti, che daranno un contributo di circa 500mila barili di olio equivalente al giorno entro il 2017; una decisa ristrutturazione delle attività mid e downstream e una maggiore creazione di valore che passi da dismissioni e da un'attenta gestione degli investimenti. A livello finanziario questo si traduce in investimenti per 54 miliardi, cash flow a 17 miliardi e cessioni per un valore di 9 miliardi. La società punta così a ottenere un flusso di cassa operativo in crescita dagli 11 miliardi del 2013 ad una media annua di 15 miliardi nel 2014-2015 e 17 miliardi nel 2016-2017. Complessivamente la generazione di cassa nel periodo del piano sarà mediamente più alta del 45% rispetto al 2013. Ma gli investimenti diminuiranno del 5% rispetto al precedente piano a quota 54 miliardi. Un calo che sarà graduale visto che nel 2014 resteranno stabili come costante sarà la produzione di idrocarburi. Su questo punto, la rinegozazione dei contratti gas, che per ora ha fruttato 1,4 miliardi, genererà altri 2 miliardi di risparmi al 2016. Sul fronte oil, Eni si attende una produzione di 220mila barili al giorno di media in Libia nel 2014. E si punta a estrarre il «primo olio» dal giacimento norvegese di Goliat nel quarto trimestre 2014. Quanto al Mozambico, Scaroni ha detto che l'Eni puo scendere fino al 35%, dal 50%, senza perdere il ruolo di operatore e quindi «vaglierà eventuali offerte». Infine, in merito alla politica di remunerazione, il management ha deciso di proporre all'assemblea un dividendo che sarà pari a 1,1 euro per ciascuna azione posseduta. L'ammontare della cedola include sia l'acconto 2013, sia il saldo 2014. Nel 2013 il Cane a Sei Zampe staccò un dividendo pari a 1,08 euro. A Piazza Affari, dopo la presentazione del piano, il titolo Eni ha chiuso in calo dello 0,18% a 16,98 euro. Sul gruppo pesa l'incertezza sui vertici in scadenza a primavera.

Scaroni non ha commentato la crisi di governo in corso, ma in merito alla sua successione (che spetta al governo in quanto azionista con il 30,1%) ha detto che gli piacerebbe che «tutte le aziende italiane, compresa Eni, abbiamo un piano di successione che consenta agli azionisti di avere visibilità di quello che succede e di averlo per tempo. Suggerirei - ha concluso - che non ci sia un happening a mezzanotte del giorno prima».

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