L'incubo di una crisi turca incombe sulle Piazze Europee, a iniziare da Milano, nella settimana di Ferragosto. Fino ad oggi i principali indici del Vecchio Continente si sono mossi senza direzioni decise. Da inizio anno l'indice Ftse Mib di Piazza Affari è negativo del 3,5%. E l'esposizione ad Ankara potrebbe costare ancora cara a Milano, su cui già pesa l'incognita politica.
Al contrario, dopo la correzione di fine gennaio, Wall Street (+2% da inizio anno), ha messo il turbo grazie all'esuberante stagione di trimestrali: ad oggi l'80% delle società quotate sull'S&P500, il listino di riferimento americano, ha riportato utili superiori alle attese e il tasso di crescita medio dei profitti è stato del 24%. Non stupisce quindi che l'S&P500 si mantenga sui livelli di inizio anno e il Nasdaq, l'indice dedicato alle stelle dell'hi-tech, continui ad aggiornare i massimi di sempre.
Salvo un'accentuarsi della crisi turca, secondo gli esperti, queste due velocità sono destinate a durare anche al rientro dalle vacanze, a settembre, quando i mercati saranno alle prese con le grandi incognite dell'autunno: la stretta sugli acquisiti di titoli di Stato da parte della Bce (da ottobre lo shopping sarà dimezzato a 15 miliardi al mese rispetto ai 30 attuali e si fermerà a gennaio); i rialzi dei tassi da parte della Fed (il prossimo è atteso il 25-26 settembre e un altro entro fine anno) e l'escalation della guerra dei dazi che inizierà a far pesare i propri effetti sui bilanci aziendali (con un costo compreso tra il 6 e il 14% sugli utili societari dell'S&P500 secondo Ubs). Senza tralasciare il tema politico che in Italia si traduce nella tenuta del governo giallo verde alle prese con la legge di Bilancio, in Europa nelle negoziazioni sulla Brexit e, infine, negli Usa nelle elezioni di midterm del 6 novembre.
Il fatto è, come sintetizza Stefano Gianti di Swissquote, che "in Europa la crescita è praticamente la metà rispetto agli Usa (la Commissione Europea ha tagliato le stime di Pil Ue sul 2018 al 2,1% dal precedente 2,3% ndr), oltre ad esserci troppe differenze tra aree geografiche". La sincronizzazione che fino a qualche tempo fa accomunava le economie più avanzate e i rispettivi mercati azionari sembra ormai alle spalle. "Sta diventando sempre più evidente la divergenza fra Stati Uniti ed Eurozona, con l'economia americana che continua ad accelerare il passo. Negli Usa, il rialzo del Pil del secondo trimestre del 2018, è stato del 4,1%, il dato più forte dal 2014 e la Fed prevede un miglioramento del 2,8% sul 2018" commentano gli economisti di Anima. Nonostante il diverso ritmo dei mercati finanziari europei e americani, le valutazioni dei listini, sulle stime di Bloomberg su fine 2018, sono abbastanza vicine tra loro: l'indice americano S&P500 tratta a 17 volte gli utili attesi per fine anno, mentre il Cac40 francese a 14,6 volte, l'inglese Ftse100 a 13,8, il Dax tedesco a 13,2 e il Ftse Mib passa di mano 11,9 volte gli utili. Valutazioni da mercato toro certo, ma ancora ben lontane dai massimi: l'S&P500, a gennaio 2002, valeva 46 volte gli utili.
In questo scenario gli esperti sono ottimisti sul listino Usa e prudenti sull'Italia. Almeno fino all'appuntamento elettorale di novembre negli Stati Uniti. "Se dovesse scendere drasticamente il consenso verso i repubblicani, le borse perderanno. Se invece Donald Trump si dovesse dimostrare ancora una volta vincente, il dollaro allungherà il passo, con ulteriori afflussi di liquidità verso l'azionario Usa" sostiene Gianti. Sulla stessa linea anche Alberto Borgia, presidente di Aiaf: "Nell'azionario, l'unico mercato a mantenere un giudizio di modesta positività è quello americano, grazie soprattutto alla forza del dollaro, mentre l'Italia e i paesi emergenti scivolano in sottopeso".
In Piazza Affari incertezza e volatilità saranno protagoniste anche dell'ultima parte dell'anno. Meglio quindi, a giudizio del gestore di SwissQuote: "puntare su aziende che esportano negli Usa e che continueranno a beneficiare del dollaro forte, come Luxottica, Autogrill, Exor e Cnh Industrial".
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