«La mia avventura milanese sta per finire», aveva detto lo scorso 6 ottobre 2015 l'allora presidente di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli. L'avventura è invece andata avanti per altri tre anni, il tempo necessario per accompagnare la transizione dal modello di governance duale a quello monistico, introdotto con il nuovo statuto approvato tre anni fa che ha previsto all'ultimo articolo - il numero 35 - la figura del «presidente emerito» ritagliata attorno all'86enne Bazoli. Il quale, gratuitamente (la carica non è retribuita), ha potuto «esprimere pareri e partecipare a riunioni, con funzione consultiva, su richiesta del presidente e/o del consigliere delegato, affinché la nuova governance possa dispiegarsi in continuità di efficienza e di rigore» nonchè collaborare con il presidente del cda «nella progettazione e nella realizzazione delle iniziative culturali della società e del gruppo». L'incarico «emerito» però sta per volgere al termine. Perché, si legge sempre nello statuto, trova applicazione «per il triennio successivo alla prima applicazione delle modifiche introdotte dall'assemblea tenutasi in data 26 febbraio 2016». Ovvero fino al prossimo 26 febbraio, quando si terrà il cda per l'approvazione del bilancio 2018. È possibile che, considerando anche il ruolo di «consigliere» speciale dell'attuale board, il termine effettivo possa coincidere con la nomina del nuovo consiglio da parte dell'assemblea dei soci del 30 aprile. Al momento, però, non sono previste altre proroghe per l'incarico ad hoc inserito tre anni fa nello statuto a titolo di riconoscimento per il lavoro svolto da Bazoli dal 1982, quando l'allora ministro del Tesoro, Beniamino Andreatta, quattro giorni dopo la misteriosa morte di Roberto Calvi, risolve il crac del Banco Ambrosiano facendo fallire la banca e creando un nuovo istituto che affida a un avvocato bresciano conosciuto ai tempi dell'università Cattolica. Da avvocato di provincia a «banchiere per caso», Bazoli diventerà l'artefice di un lungo percorso che porterà, dopo la fusione avvenuta nel 2006 fra Intesa e il Sanpaolo di Torino, alla nascita del big del credito. «Abbiamo sempre anteposto gli interessi dell'economia del Paese a quelli aziendali», ha detto ieri. Sottolineando che Intesa «è stata criticata in passato per essere stata la banca di sistema, oggi sarebbe criticata per non esserlo: guardiamo con un sorriso a chi critica e ignora che il dovere di ogni cittadino è di contribuire al progresso del Paese».
Lungo la strada percorsa in questi anni il banchiere cattolico ha sempre avuto accanto l'amico Giuseppe Guzzetti (classe 1934), dominus dell'Acri e della
Cariplo che lascerà il comando di entrambe a primavera. Difficile immaginarli in pensione ai giardinetti. Si dedicheranno alla filantropia, al sociale, alla cultura. E, dietro le quinte, a fare da tutori ai loro successori.
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